da Pordenone
Pezzi di vetro, brandelli bruciacchiati di un foglio di carta, un tappo di sughero con attaccato un po di filo elettrico. È ciò che resta della bottiglia esplosa sabato mattina a Porto Santa Margherita di Caorle, in provincia di Venezia, confezionata dallUnabomber del Nordest che gli specialisti del Ris di Parma stanno analizzando in queste ore. Un lavoro lungo e complesso per trovare qualche traccia interessante che possa portare a identificare il folle bombarolo. Si spera in una impronta digitale o in un pelo o tracce di saliva per determinare il Dna, ad esempio.
«Ci vuole tempo e tanta pazienza - dice il procuratore capo di Venezia, Vittorio Borraccetti -. Di certo si può non escludere che anche questa volta ci sia la mano dello stesso bombarolo: per questo non cè bisogno di aspettare ancora». Gli investigatori adesso dovranno cercare analogie fra gli ultimi ordigni nei quali il dinamitardo ha usato nitroglicerina dopo aver impiegato composti chimici del tipo usati per confezionare fertilizzanti: una fase nuova che dimostra come Unabomber si sia evoluto, passando a maneggiare sostanze sempre più pericolose. La potenza delle cariche esplosive impiegate dimostra come Unabomber non voglia uccidere ma solo ferire, mutilare. «Dobbiamo concentrarci sullattività investigativa - dice Vittorio Borraccetti - confrontando i dati in nostro possesso e fare tesoro delle analisi degli esperti. Non vedo una escalation della violenza o novità particolari da parte di questo soggetto o soggetti emulativi».
Anche ieri sono proseguite ricerche di materiali utili alle indagini lungo il fiume Livenza fra la foce e San Stino di Livenza: non si esclude, infatti, che Unabomber possa aver gettato la bottiglia lungo il corso dacqua.
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