Roma

Il Ris: «Così abbiamo trovato il sangue»

Giallo di Gradoli. In aula le tracce di sangue trovate alle Cannicelle. Udienza «tecnica», quella di ieri, l’ultima del mese, per il processo che vede alla sbarra Paolo Esposito e Ala Ceoban, 40 e 24 anni, gli amanti diabolici accusati di duplice omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
Vittime della presunta furia omicida, ovvero di un delitto premeditato e commesso, secondo l’accusa, per eliminare ogni ostacolo a una relazione scomoda, Tatiana Ceoban, 36 anni, moldava, e sua figlia Elena, 13 anni, avuta da un precedente matrimonio. I corpi delle donne, scomparse a dir poco misteriosamente dal paesino sul lago di Bolsena, non sono mai stati trovati. I cadaveri no, ma il sangue, appartenente a Tania, sì. Ventisette tracce ematiche fra quelle evidenti e quelle latenti, rilevate dal Ris, il reparto scientifico dell’Arma, di cui 21 positive, in parte corrispondenti al Dna di Tatiana.
Una «mattanza» per la pubblica accusa, ma che lascia dubbi e incertezza sulla ricostruzione della dinamica dei due omicidi. Che fine avrebbe fatto la 13enne visto che il suo sangue non è mai stato trovato? Interrogatorio lungo e complesso quello del maresciallo Guido Vespi del Ris, assistente di laboratorio, uno degli esperti entrati nella villa delle Cannicelle il 23 giugno 2009 e il 14 luglio successivo con i colleghi dei reparti speciali incaricati di cercare i corpi in giardino e nelle vicinanze dell’abitazione.
«Durante il primo intervento del 23 giugno abbiamo utilizzato il Luminol vaporizzato in vari locali - depone davanti alla Corte d’Assise il militare - a cominciare dalla cucina per continuare con il bagno e nel corridoio che porta dal primo ambiente a una uscita laterale. Qui abbiamo trovato tracce relative a un trascinamento».
Una prima e più significativa prova, ammessa in sede d’incidente probatorio, viene rilevata sul pomello della corda di una tenda sparita dalla finestra della cucina. Traccia visibile a occhio nudo, già notata dai carabinieri del nucleo operativo di Viterbo. Il tecnico prosegue l’elenco delle positività indicando ai giurati, foto per foto, ciò che il Luminol ha evidenziato, esclusa la positività «diffusa» considerata non rilevante. Varie aree di sfregamento sull’intonaco, una goccia di sangue su una ciotola in ceramica smaltata, la prima di una pila all’interno di un mobile della cucina, gruppi di tracce sullo schermo del televisore e sul mobile tv, una su un lato destro del frigo, il «grumo» in parte abraso da sfregamento, al di sotto della porta della cucina, non visibile se non dopo aver scardinato l’infisso, sul bordo vasca della toilette (risultato poi negativo).
Controinterrogato dai legali della difesa, il maresciallo Vespi ha illustrato nel dettaglio la tecnica di rilevamento e precisato il significato del termine abrasione (atto volontario) e sfregamento da pulizia.
Fra i testi ascoltati anche l’autista del pullman Cotral che avrebbe riportato a casa Tatiana nel tardo pomeriggio del 30 maggio. Stefano Cupiotto, sarebbe l’ultima persona estranea alla vicenda a vederla in vita. Come già verbalizzato, l’uomo non ricorda il volto del passeggero, ma solo la circostanza di essersi fermato a richiesta davanti il cancello della villa delle Cannicelle verso le 18. Ancora, ascoltata la commessa dell’Unieuro. La donna ricorda Tania: «Mi disse che aveva fretta di tornare a Gradoli». Sono le 14, eppure il bus non partiva prima delle 17.

Dove andava la Ceoban? yuri9206@libero.it

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