Altri due anelli, due fedine «a tutto giro» per la precisione, provenienti dalla rapina alla gioielleria Scavia sono state recuperati dalla polizia in casa di un gemmologo, poi arrestato. Ancora pochino rispetto alla mole complessiva del bottino, tre trolley pieni di preziosi, ma rintracciare la refurtiva dopo colpi del genere non è mai facile. Anche se arrestati i banditi infatti non parlano, sperando di recuperare il loro tesoro una volta scontata la pena.
Lassalto di sabato 5 febbraio 2011 a Scavia in via della Spiga, del resto è uno dei quei colpi destinati a passare alla storia della Milano nera, per lentità del bottino, 9 milioni di euro, e per la perfetta macchina messa in piedi dai rapinatori. Ma anche per laltrettanto perfetta azione degli investigatori che analizzando una mole immensa di dati tra intercettazioni e analisi del traffico telefonico, riprese tv, biglietti autostradali e pedinamenti, sono riusciti dopo quasi un anno e mezzo a individuare la mente del colpo, Giuseppe Rebuscini, detto il «Drago», fiancheggiatori e ricettatori, tra i quali noti gioiellerie milanesi, come Raffaele Jacente.
Ma le indagini sono tuttaltro che terminate. Assicurati alla giustizia gli autori del colpo, si tratta ora di recuperare la refurtiva. Obiettivo altrettanto complicato. Se un bandito rischia una mezza dozzina danni di galera, almeno deve avere un ritorno, mica può farlo «gratis». In altri termini vuole conservare il bottino, nascosto chissà dove, come premio per la lunga detenzione. Infatti di tutta la refurtiva Scavia, finora sono stati ritrovati una collana di brillanti e quattro anelli. Gli ultimi due laltra mattina a Valgreghentino in provincia di Lecco, a casa di Giuseppe DAmico, 47 anni, gemmologo incensurato.
Ritrovati altri due anelli del colpo alla gioielleria Scavia
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