Rivoluzione al Pentagono: sì ai soldati gay

La decisione è arrivata per via giudiziaria, ma il presidente Barack Obama non è d’accordo. Dal 1993 i gay potevano entrare nell’esercito solo nascondendo la propria omosessualità

Washington Svolta storica al Pentagono: per la prima vol­ta nella storia americana, candidati-soldati dichiara­tamente gay potranno pre­sentare domanda di arruola­mento senza nascondere la loro omosessualità. Va dunque in pensione la normativa indicata con la icastica definizione «Don’t ask don’t tell» (non chiede­re, non dire) che era rimasta in vigore negli ultimi 17 an­ni. I tempi del cambiamento sono molto rapidi. I coman­di del ministero della Difesa responsabili del reclutamen­to hanno infatti distribuito al personale addetto all’ar­ruolamento un manuale con nuove istruzioni per quanto riguarda le doman­de di ammissione nelle for­ze armate. Il personale - si precisa nel manuale, che è stato distri­buito fin da venerdì scorso ­è tenuto ad accettare anche le domande presentate da candidati-soldati che si di­chiarano apertamente omo­sessuali. I funzionari pertan­to possono d’ora in poi acco­gliere le loro richieste di ar­ruolamento per trattarle co­me tutte le altre. Nello stesso tempo, però, il manuale avverte che la pro­cedura potrebbe essere rivi­sta, perchè sull’intera mate­ria è in corso un contenzioso giuridico che potrebbe tra­dursi, in definitiva, in un contrordine. La precisazione si riferisce (senza esplicitarlo nel ma­nuale) al contenzioso in cor­so tra l’amministrazione Obama e il giudice della Cali­fornia Virginia Phillips. La Phillips il 12 ottobre scorso ­pronunciandosi nell’ambi­to di una causa avviata da un gruppo a tutela dei diritti de­gli omosessuali - aveva di­chiarato incostituzionale la «Don’t ask don’t tell». L’amministrazione Oba­ma due giorni dopo aveva chiesto la sospensione della decisione: pur essendo favo­revole al riconoscimento pieno dei gay nelle forze ar­mate, il governo americano ha intenzione che sia il Con­gresso a esprimersi al riguar­do, con una nuova legge, e che non si arrivi allo stesso risultato per via giudiziaria. La giudice Phillips non ha però minimamente tenuto conto della richiesta e con una motivazione scritta mar­tedì ha ribadito le ragioni per cui è da considerarsi in­costituzionale la «Don’t ask don’t tell»: il divieto nei con­fronti dei gay di prestare ser­vizio militare rappresenta un elemento di discrimina­zione che va contro la Costi­tuzione degli Stati Uniti.

Di fronte a questa decisio­ne, l’amministrazione Oba­ma è tornata ieri a ribadire la sua posizione: il Dipartimen­to di Giustizia ha chiesto con urgenza alla Corte d’Ap­pello di sospendere il prov­vedimento, in attesa appun­to che sia il Congresso a pro­nunciarsi sulla materia. Un tira-e-molla che, nei fatti, non cambia la sostanza della svolta in primo luogo culturale del Pentagono: gli omosessuali in divisa non so­no più un tabù. Ora lo dice anche il manuale di arruola­mento.

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