Rogge, campione di libertà

Il problema è non confondere le Olimpiadi con la Cina e la Cina con chi la comanda. Il lettore Guido Busacca, ad esempio, ci scrive: «Mi chiedo perché, ancora una volta, si chieda a noi, cittadini comuni, di fare la parte di chi è preposto a dialogare, a trovare soluzioni, a mediare con compromessi vari, le tante tensioni che sono sparse nel mondo. Le Olimpiadi, sono l’avvenimento sportivo d’eccellenza. Non mi va di fare anche questo “sacrificio”: non spegnerò la televisione e ciò non vuol dire appoggiare il regime cinese, ma amare lo sport». Idea rispettabilissima senz’altro, alla quale possiamo obbiettare che noi del Giornale non abbiamo proposto di spegnere la tv per tutti i Giochi ma solo per la cerimonia d’apertura e che quest’ultima con lo sport non c’entra nulla, ma è la rappresentazione di una Cina che il suo regime vuol farci vedere.
Il signor Guido comunque ha ragione: perché sostituirsi a chi dovrebbe invece fare qualcosa? Ad esempio il Cio nella persona del suo presidente Jacques Rogge, l’uomo insomma che ha deciso di assegnare le Olimpiadi a Pechino. Ieri, a proposito degli arresti di alcuni attivisti stranieri colpevoli di aver sventolato bandiere pro Tibet, il Nostro ne è uscito come un campione di diplomazia: «Siamo in favore della libertà d’espressione - ha detto ma bisogna rispettare le leggi del Paese in cui ci si trova. E per organizzare manifestazioni occorre l’autorizzazione».

Riassumendo: si può e si deve protestare ma non si può e non si deve farlo se le persone contro cui protestate non sono d’accordo che voi protestiate. Siete confusi? Non preoccupatevi: forse lo è anche Rogge. O forse (purtroppo) no.

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