Coronavirus

"Portano qui i migranti infetti: colpo mortale a Roma"

Non si spengono le polemiche per il trasferimento dei 13 bengalesi positivi al Covid-19 all'ospedale militare del Celio. Nella notte un blitz degli attivisti del Foro753: "Non basta chiudere le rotte aeree, serve il pugno di ferro anche con i barconi"

"Portano qui i migranti infetti: colpo mortale a Roma"

La politica dei porti aperti divide e fa discutere. Dopo lo tsunami sanitario che si è abbattuto sull’Italia, con il suo carico di morti e devastazione economica, è giusto continuare ad accogliere chi proviene da Paesi a rischio? Quanto ci costerà tutto questo? Sono le domande che si pone chi sta assistendo, impotente, all’arrivo di migranti infetti nei propri quartieri.

I naufraghi vengono distribuiti lungo lo Stivale, per cercare di alleggerire le regioni più colpite dagli sbarchi e fare in modo che la sorveglianza sanitaria si svolga senza imprevisti. Succede anche nel cuore di Roma, dove lo scorso martedì sono stati trasferiti tredici bengalesi positivi al Covid-19, approdati qualche giorno prima sulle coste calabresi.

La struttura individuata dal Ministero dell’Interno è l’ospedale militare del Celio, in pieno centro storico, a poche centinaia di metri dal Colosseo. “Una follia”, l’aveva definita ai nostri taccuini un ristoratore di zona, preoccupato che l’arrivo dei bengalesi possa mettere in fuga i pochi turisti che cominciano a riaffacciarsi in città.

Mentre Augusto Caratelli, presidente del comitato Difesa Esquilino-Monti, si era detto pronto ad incatenarsi davanti al policlinico militare. “Non ci sto a vedere i nostri quartieri trasformati in un lazzaretto, non dopo tutti gli sforzi che abbiamo dovuto affrontare per far rientrare l’emergenza sanitaria”, ci aveva raccontato l’attivista.

La notte appena trascorsa, invece, è stato il turno del Foro753. Un’associazione di destra identitaria che ha mosso i suoi primi passi proprio al Celio, occupando e riqualificando l’ex Casa del Popolo di via Capo d’Africa, per trasformarla in luogo di aggregazione. Un’esperienza durata tre anni, che si è conclusa nel 2005 con lo sgombero. Sono loro a ribadire un secco no al trasferimento degli stranieri nel rione, srotolando davanti all’ospedale uno striscione che recita: “No migranti infetti, no alla dittatura sanitaria”.

“Trasferire migranti infetti a due passi dal Colosseo è inaccettabile”, spiegano dal Foro753. “È l’ennesimo colpo mortale al turismo e a chi gestisce attività commerciali nel pieno centro di Roma”. Gli attivisti puntano il dito contro “le decisioni di un governo che, in maniera dispotica e senza consultare cittadini, associazioni di quartiere e soprattutto imprenditori, sta uccidendo l’economia reale di questo Paese”.

“Non piegheremo la testa davanti ad un governo che ci vuole schiavi di una dittatura sanitaria, di fronte al pericolo di nuovi focolai - continuano gli attivisti - si impedisca alle carrette del mare che approdano sulle nostre coste di far sbarcare i migranti, non basta chiudere le rotte aeree, serve il pugno di ferro anche con i barconi che ogni giorno partono dalla Libia”.

Sul caso si sono accesi anche i riflettori della Lega, che si prepara a manifestare nei prossimi giorni. “Non possiamo permetterci che il centro storico si riempia di persone infette per colpa di un governo incapace di gestire i processi migratori”, ci aveva detto lo scorso giovedì Marco Veloccia, capogruppo del Carroccio in I Municipio.

Una critica al Conte bis, ma anche all’amministrazione capitolina: “Dov’è la sindaca di Roma? È lei che dovrebbe difendere la salute dei romani, ma evidentemente è troppo prona ai diktat del governo giallorosso per farlo”.

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