Salute

Sclerosi multipla, così le cellule immunitarie giocano un ruolo chiave

L'importante studio sulla grave patologia neurodegenerativa è stato condotto dai ricercatori della Weill Cornell Medicine e pubblicato su "Nature"

Sclerosi multipla, scoperto il ruolo di alcune cellule immunitarie

La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa cronica che colpisce il sistema nervoso centrale. Per la precisione attacca la mielina, ovvero una sostanza che protegge le fibre nervose e che è al tempo stesso implicata nella corretta trasmissione dei segnali nervosi. Dati alla mano, nel mondo a soffrirne sono più di due milioni di persone.

I ricercatori della Weill Cornell Medicine hanno scoperto che un gruppo di cellule immunitarie che in condizioni normali offrono una protezione dall'infiammazione nel tratto gastrointestinale, possono innescare la sclerosi multipla e altre condizioni caratterizzate da flogosi cerebrale. Lo studio, pubblicato su "Nature", apre le porte a nuovi approcci terapeutici per queste patologie.

Mentre il team analizzava una serie di cellule immunitarie chiamate cellule linfoidi innate del gruppo 3 (ILC3) che aiutano a sopprimere gli stati infiammatori nell'intestino e in altri organi, è giunto alla conclusione che un sottoinsieme di questi ILC3, circolando nel flusso sanguigno, può raggiungere il cervello e accendere l'infiammazione. Tale sottoinsieme, individuato nel sistema nervoso centrale dei topi e denominato ILC3 infiammatori, ha stimolato un altro gruppo di cellule immunitarie note come cellule T ad attaccare le fibre nervose mielinizzate, portando così a sintomi simili a quelli della sclerosi multipla. I ricercatori hanno poi trovato ILC3 infiammatori nel sangue periferico e nel liquido cerebrospinale dei pazienti affetti da sclerosi multipla.

La neuroinfiammazione non è un fenomeno isolato; ci sono prove che essa si sviluppa naturalmente con l'invecchiamento. Inoltre, di recente, le risposte infiammatorie delle cellule T nel cervello sono state collegate alla sintomatologia neurologica associata all'infezione da Covid. Gli studiosi, utilizzando un modello murino di sclerosi multipla, hanno dimostato che gli ILC3 infiammatori funzionano come cellule che presentano l'antigene. Ciò significa che mostrano frammenti di proteina mielinica e che inducono le cellule T ad attaccare la stessa mielina, causando il danno ai nervi che dà origine a segni di malattia.

Gli scienziati hanno poi scoperto che potevano prevenire il disturbo simile alla sclerosi multipla nei roditori rimuovendo dagli ILC3 una molecola chiave chiamata MHCII che normalmente viene utilizzata nel processo di presentazione dell'antigene. Inoltre il team ha constatato che gli ILC3 che risiedono in altri tessuti del corpo possono essere programmati al fine di contrastare l'attività delle cellule T infiltranti nel cervello, prevenendo in questo modo il disturbo.

Il lavoro rende più concreta l'ipotesi che un giorno la sclerosi multipla e altre condizioni a carattere flogistico possano essere trattate inibendo l'attività degli ILC3 infiammatori o indirizzando gli auto-antigeni agli ILC3 intestinali che promuovono la tolleranza in altri tessuti.

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