San Raffaele Fine di un incubo

Assolto dopo quattro anni un infermiere accusato di abusi sessuali da tre pazienti ricoverate in rianimazione al San Raffaele, comunque nel frattempo risarcite dall’ospedale con 190mila euro. Determinante la testimonianza del primario del reparto, che ha spiegato come le donne, sottoposte a psicofarmaci, possano aver scambiato per atti impropri corrette pratiche infermieristiche.
La vicenda era inizia sei anni fa quando una sudamericana e due italiane tra i 40 e i 50 anni, denunciarono di essere state molestate tra l’11 dicembre 2005 e il 31 gennaio 2006, mentre si trovavano immobilizzate a letto, due con importanti fratture riportare in incidenti stradali, una con esiti di un ictus. In quelle ore l’infermiere con la scusa di lavarle e cambiarle le avrebbe toccate arrivando anche a masturbarsi. A una di loro avrebbe chiesto di «collaborare», e sarebbe stata premiata con yogurt e succhi di frutta, altrimenti le avrebbe chiuso il tubo dell’ossigeno. Una donna in seguito disse di aver riconosciuto l’uomo, dalla targhetta sul camice, un’altra, ipovedente, dalla voce. Tutte però fornirono anche una serie di indicazioni errate.
Vennero indagati due infermieri ma nel 2009 il pubblico ministero Laura Amato, chiese l’archiviazione per entrambi poi però, di fronte all’impugnazione delle vittime, il gip Micaela Curami dispose l’imputazione coatta per uno di loro. Interrogato, il primario di Neurorianimazione Luigi Beretta ha spiegato come i pazienti non siano mai lucidi a causa dei farmaci e delle luci artificiali. In particolare le donne ferite negli incidenti avevano assunto degli analgesici molto potenti. Effetti simili sarebbero stati causati nella terza donna dalla scarsa affluenza di sangue al cervello causata dall’ictus. Condizioni nelle quali potrebbero aver scambiato per molestie manovre corrette eseguite dagli infermieri. Alla fine lo stesso pm ha sollecitato l’assoluzione «perché il fatto non sussiste».

L’infermiere, 36 anni, è sposato e padre di tre figli. Nel frattempo l’uomo si è però licenziato dal San Raffaele che, nelle more del processo, ha risarcito con 190mila euro le tre donne per «danni» in realtà mai subiti.

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