Sant’Ambrogio Il fondatore del Sermig: anche a Milano un «Arsenale della pace»

Nella città degli eventi e degli happy hour, un gruppo di giovani organizza un paio di volte al mese dei convivi un po’ particolari: le cene dei popoli. Sono cene a sorteggio dove ogni invitato pesca un biglietto con il nome di uno Stato del pianeta. Se si è fortunati ed esce un Paese ricco, ad esempio la Svezia, si può mangiare quasi tutto ciò che c’è in tavola. Se invece esce, chessò, l’Uganda si ha diritto al massimo a una manciatina di riso. «È una performance simbolica della realtà, dove il 20 per cento del pianeta consuma l’80 per cento delle risorse» dicono gli organizzatori che a Milano portano avanti il progetto del Sermig, il Servizio Missionario Giovani fondato da nel 1964 a Torino da Ernesto Olivero. Proprio lui, ex bancario e padre di tre figli, che ha dedicato la sua vita ai poveri e a gli emarginati e che per questo fu candidato al Nobel per la pace da Madre Teresa di Calcutta e dal cardinale Martini, sarà domani sera nella Basilica di Sant’Ambrogio per raccontare in un libro il suo grande progetto «Per una chiesa scalza». Racconterà, ad esempio, come fece a trasformare un vecchio e diroccato arsenale militare di Torino nell’«arsenale della pace», ovvero un monastero metropolitano impegnato 24 ore su 24 in opere di carità con il contributo di giovani, famiglie e monaci. La fede c’entra molto, ovviamente, ma più che un fine pare uno strumento nel nome del fare. «Che tu creda oppure no, che tu sia cristiano o di un’altra religione, sento che è possibile camminare insieme» recita il sottotitolo del suo libro che racchiude un’esperienza che da Torino si è allargata in tutto il mondo, con la fondazione di altri Arsenali della Pace come quello a San Paolo in Brasile o a Madaba in Giordania. La sua presenza a Milano, caldeggiata dalla Diocesi, non è casuale visto che sotto la Madonnina un gruppo di giovani porta avanti il suo pensiero con l’idea, in un giorno non lontano, di dare vita a un arsenale milanese: «Magari a San Vittore».

Perchè in una grande città non c’è meno solitudine e sofferenza che nel cosiddetto Terzo mondo, sottolinea Olivero, la cui «Chiesa scalza» ha fino a oggi prodotto nove milioni di notti di ospitalità, 17mila pasti distribuiti, 2.800 azioni umanitarie in 89 Paesi, 20mila ore di volontariato e oltre 5mila tonnellate di medicinali.

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