Gian Piero Scevola
A Giuseppe Sculli, ora attaccante del Messina, ma di estrazione juventina, i guai arrivano a valanga. Non bastava laccusa per associazione mafiosa arrivatagli tra capo e collo, ora viene anche accusato di aver venduto una partita. A riferirlo è il settimanale LEspresso, oggi in edicola, che cita lepisodio sulla partita di serie B Crotone-Messina del giugno 2002 (quando ancora il club siciliano non era di proprietà della famiglia Franza). Sculli allora giocava con il Crotone che era già retrocesso e stava per essere ceduto: il Messina, che rischiava di finire in C, vinse la partita 2-1 con doppietta di Grabbi nel primo tempo e rete del momentaneo pareggio proprio di Sculli.
Le cronache riportano che nellintervallo di quella partita ne successero di tutti i colori (si passò dalle minacce alle botte). Durante la gara Sculli battè una punizione pericolosa, lui che non era uno specialista, allontanando un compagno di squadra che voleva tirare. La palla finì fuori in modo esagerato e i Carabinieri intercettarono poco tempo dopo una telefonata alla fidanzata che gli aveva chiesto perchè aveva battuto proprio lui: «Perchè cera un ventello e io perdevo... i venti, il ventello amore. Ti compro un bel telefonino», è quanto avrebbe detto Sculli alla fidanzata. Il giocatore è il nipote di un boss della ndrangheta calabrese Giuseppe Morabito, detto Tiradritto, padre della madre. Il pm antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che ha ordinato le intercettazioni, ha contestato a Sculli lassociazione mafiosa per i metodi che avrebbe usato per convincere i suoi paesani di Bruzzano Zeffirio, centro dellAspromonte, a votare per chi diceva lui. Non vi sono prove che Sculli faccia parte di un gruppo mafioso, le intercettazioni configurano solo «responsabilità di tipo disciplinare (di competenza degli organi sportivi) o anche penale (di competenza di altra autorità giudiziaria)». In unaltra telefonata alla fidanzata, Sculli dice infatti: «Tu lo sai che ho una famiglia particolare... perchè nella mia famiglia non si dice di no, nella tua forse sì. Nella mia famiglia non si dice mai di no. A nessuno».
Altre le telefonate intercettate, come quella con il cugino Rocco che va subito al sodo: «Ma i capicolli li hanno portati?». E Sculli risponde: «Minchia se li hanno portati. Ne hanno portati quattro qua e sei glieli hanno dati a Bari e hanno affondato la Ternana».
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