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Se un anno di Covid fa crescere anche la povertà educativa

La fondazione Openpolis: Italia già in testa nelle classifiche su abbandoni scolastici e divario tecnologico

Se un anno di Covid fa crescere anche la povertà educativa

La bolla-cameretta non è l'unico male che ha colpito gli adolescenti. Con il lockdown da virus è cresciuta anche la difficoltà nello scegliere il proprio futuro, compiendo scelte scolastiche in grado di vincere bisogno economico e povertà educativa.

A dirla tutta, il problema era già parecchio evidente prima della pandemia. Come mai? Pesano, prima di tutto, i divari sociali. Come rilevato dall'Istituto nazionale di statistica, già prima dell'emergenza (2019), il 9,2% delle famiglie con almeno un figlio si trovava in povertà assoluta (contro una media del 6,4%). Quota che tra i nuclei con 2 figli supera il 10% e con 3 o più figli raggiunge addirittura il 20,2%. Il 54% degli alunni di terza media con famiglie svantaggiate, non raggiunge la sufficienza ai test Invalsi. Significa che spesso nemmeno i genitori hanno gli strumenti per indirizzare i figli verso un percorso di studi adatto alle loro capacità né si possono permettere lungimiranza sui progetti, rinunciando di fatto alla libertà nelle scelte. E sbagliare percorso scolastico tra la scuola media e le scuole superiori rischia di mandare in frantumi l'intero futuro dei ragazzi. In quasi due terzi dei casi, i figli di chi non ha il diploma non si diplomano a loro volta. «In questo quadro - commentano gli esperti di povertà educativa della fondazione Openpolis - lasciare la scuola prima del tempo è la massima negazione del diritto alla scelta degli adolescenti. Perché contribuisce a rendere ereditaria la condizione di partenza di ragazze e ragazzi».

Su abbandoni scolastici o scelte «costrette» hanno influito anche i divari territoriali e nella condizione abitativa, con il 41,9% dei minori che vive in una abitazione sovraffollata, e il 7% che affronta anche un disagio abitativo (come problemi strutturali o poca luminosità della casa).

Un ulteriore aspetto critico è stato rappresentato dai divari tecnologici. Prima dell'emergenza, il 5,3% delle famiglie con un figlio dichiarava di non potersi permettere l'acquisto di un computer. E appena il 6,1% dei ragazzi tra 6-17 anni viveva in una casa con disponibilità di almeno un pc per ogni membro della famiglia.

In ambito internazionale, il livello delle competenze degli adolescenti viene monitorato periodicamente con le ricerche di Ocse-Pisa. Nella capacità di comprendere un testo scritto, gli adolescenti italiani si trovano indietro. Pur in una tendenza generale alla flessione, il divario con la media Ocse si è allargato nell'ultima rilevazione disponibile (2018). Ciò porta a riflettere sugli strumenti in possesso degli adolescenti italiani, rispetto ai loro coetanei di altri Paesi. E quindi anche sulle loro opportunità in futuro.

«Purtroppo - specificano alla fondazione Openpolis - sembra ancora lontano l'obiettivo di offrire a tutti, indipendentemente dall'origine sociale, la capacità di comprendere un testo, conoscere una lingua, di avere gli strumenti per coltivare i propri interessi».

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