Il «Secolo d’Italia» difende il Duce: non paragonatelo a Berlusconi

RomaGiù le mani dal Duce. Al Secolo d’Italia non è piaciuto l’«azzardo» di Michele Santoro, quell’inaccettabile parallelo tra Benito Mussolini e Silvio Berlusconi.
Sulla prima pagina di oggi, il quotidiano della ex Alleanza nazionale stronca con un corsivo firmato da una delle sue più brillanti penne, Annalisa Terranova, il filmato mandato in onda in apertura di «Rai per una notte», il grande show santoriano di giovedì sera: un serrato montaggio di immagini che alternavano la piazza in bianco e nero arringata da Mussolini nel 1939 e la piazza San Giovanni berlusconiana di sabato scorso.
Le ragioni per cui la trovata (non proprio originalissima, anzi piuttosto facilona) non è piaciuta al Secolo, però, non sono quelle per cui si può immaginare che l’equiparazione al dittatore finito a testa in giù non sia piaciuta al premier: anzi. Il problema, argomenta (sul filo del paradosso?) la corsivista, è che la statura dei due non è comparabile. «Le imitazioni - scrive Terranova - ovviamente non sono che parodie». E il confronto, con buona pace della svolta di Fiuggi, va a tutto vantaggio di Benito: «Il fascismo - spiega il Secolo - chiedeva sacrifici in nome di un ideale, il berlusconismo no». Dalle parti del Cavaliere si vola basso, latitano quegli alti ideali che animarono l’Italia fascista, si pensa solo al soldo: dal podio di piazza San Giovanni «si parla di tasse, di banche, di assegni e contanti». Perché «il berlusconismo cerca consensi in nome della tutela degli interessi, della sfera privata economica e telefonica». Insomma, «da una parte» (quella di Benito Mussolini) «c’era il senso di una sfida storica». Dall’altra (quella di Berlusconi) c’è solo «la ripetizione di uno slogan ossessivo». Anche «fondato», per carità, riconosce il Secolo, visto che il capo del governo «nuove tasse non ne ha messe, anzi ne ha abolito una», l’Ici. Ma vuoi mettere: «La distanza tra i due fenomeni è abissale: a mobilitare le masse tutti possono provare, ma poi si riconosce se lo stile è quello del leader di una rivoluzione...». Il Duce lo era: «Solo chi ambisce a cambiare la storia può porgere ai suoi “fedeli” la domanda delle domande: “Esiste per voi l’impossibile?”».
Di tutt’altro stampo, così terra terra, le domande del Cavaliere al suo popolo: «Volete voi che la sinistra metta ancora le mani nelle vostre tasche?».

Robetta, al cospetto del tonante discorso per il Ventennale della fondazione dei Fasci di combattimento. Il paradosso, alla fine, sembra prendere un po’ la mano al Secolo. Fino a sconfinare in quella «involontaria apologia di fascismo» di cui si accusa Santoro.

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