Elena Jemmallo
Quando Lord Francis Hope morì, all'età di settantacinque anni, il Times del 22 aprile 1941 lo ricordava così: «Francis Hope, duca di Newcastle, che fu proprietario del diamante blu». Così il quotidiano metteva nero su bianco l'unico punto fermo sulla storia di quello che si suppone un tempo fosse stata la più preziosa di tutte le gemme mai ritrovate, 67,50 carati di rarissimo colore blu intenso. Quello che ci fu prima e quello che accadde dopo, dalle mani di chi Sir Hope lo acquistò e soprattutto nelle mani di chi finì veramente il diamante blu dopo la sua morte sono tutte storie, leggende, supposizioni, misteri. Che ogni tanto un archeologo, un collezionista o qualche scrittore rispolvera nella speranza di rimettersi sulle tracce della misteriosa gemma dall'inestimabile valore. L'ultima in ordine di tempo è quella di un gruppo di ricercatori americani che ha dato per «scientificamente dimostrabile» la provenienza di quello che fino ad oggi racconti verosimilmente leggendari davano per l'unico superstite del meraviglioso diamante blu, lo Hope, tutt'oggi gelosamente custodito tra incredibili sistemi di sicurezza nello Smithsonian Institution di Washington. Un superstite, appunto. Perché il diamante che attira milioni di visitatori ogni anno è di «appena» 45 carati. I ricercatori spiegarono che in realtà l'originale diamante blu fu tagliato, e probabilmente lo Hope ne è solo una terza parte.
Rimane avvolta dal mistero la sorte delle altre due gemme. E qui ritorna in gioco la leggenda. Che riporta indietro alla metà del 1600. Si narra infatti che un'incredibile pietra di un rarissimo colore blu fu rinvenuta nella miniera indiana di Kollur e fu incastonata come occhio nella statua del dio pagano Rama-Sitra. Da lì fu rubata per essere venduta in Europa. Fu il mercante di diamanti, Jean Baptiste Tavernier ad acquistare l'incredibile gemma, che allora doveva pesare 112,25 carati, e gli diede il nome di Tavernier Blu. La vendette nel 1669 a Luigi XIV, il Re Sole, che la fece tagliare, e da allora prese il nome del Diamante Blu della Corona. Morì l'anno stesso in cui la indossò. Il suo successore, Luigi XV, temendo la maledizione, lo regalò alla sua amante, che morì poco dopo. Luigi XVI, invece, lo indossò. Poi ci fu la Rivoluzione Francese. Il Re fu e ghigliottinato e i gioielli, insieme a tutti i suoi tesori, furono trafugati.
L'ultima volta che qualcuno vide il Diamante blu della corona nella sua versione originale fu il 16 settembre del 1792, esposto al pubblico insieme agli altri gioielli della Corona alla Grande Meublè. La notte stessa fu rubato. E del leggendario diamante non si ebbero più notizie. Qualcuno disse che nel 1779 fosse stato ceduto al duca di Brunsvick, l'allora comandante dell'esercito austro-prussiano, per convincerlo ad evacuare la Chamagne. Altri credono di averlo visto al collo della Regina Maria Luisa, che in una tela di Francisco José Goya appare con al collo una grossa gemma ovale di colore blu scuro. Altri ancora dicono che sia finito nelle mani di Carlo V, che lo portò con sé nella fuga dopo la salita al trono di Giuseppe Bonaparte, e poi di Daniel Eliason, Henry Philippe Hope (che diede il nome a quello che oggi noi chiamiamo «the hope»), Cartier e infine nelle mani del miliardario americano Mc Lean, che si imbarcò sul Titanic, il transatlantico affondato nel 1912. Si dice che quest'ultimo oltre allo Hope, fosse riuscito a impossessarsi anche di uno degli altri due diamanti blu. Un capolavoro, di cui forse l'oceano custodisce ancora un rarissimo esemplare.
Quella del diamante blu è solo una delle leggende che secoli di storia hanno attribuito a quel miracolo della natura che è il diamante. Trasparente ed eterno, esiste prima ancora delle stelle. E come tutti i miracoli, nasconde la propria vera origine e conserva i propri segreti attraverso secoli. Tanto basta per scatenare l'immaginario collettivo e avvolgere di misteri e racconti mitici queste preziosissime gemme. Come quello che ha segnato la storia di un altro autentico vip tra le pietre famose, il Koh-I-Noor (tradotto, «montagna di luce»), diamante ovale di 105 carati menzionato la prima volta nel 1304 e legato ad una tradizione secondo cui il suo possessore avrebbe governato il mondo. Apparteneva agli scià di Persia e fu tramandato fino al 1849, anno in cui ne vennero in possesso gli inglesi. Alcuni anni dopo la pietra venne ritagliata, per darle maggiore lucentezza, così da 186 carati che pesava, oggi ne pesa 108,93. Oggi il Koh-i-noor è montato nella corona della Regina Elisabetta II ed è custodita presso la Torre di Londra.
I misteri continuano con il Cullinan I, il più grosso diamante tagliato del mondo. Nel 1905, al termine di un pesante turno di lavoro, dei minatori stavano lasciando la miniera quando uno di loro notò un oggetto luccicante incastrato nel terreno. Con l'aiuto di un semplice coltello a serramanico l'uomo riuscì a liberare la pietra dal terreno e la portò al direttore della miniera. Si trattava del diamante grezzo più grande mai trovato fino ad oggi, ben 3106 carati, una gemma delle dimensioni di un pompelmo. Così grandi che non si riuscirono a trovare acquirenti e si decise di farne dono al Re d'Inghilterra, Edoardo VII, che fece tagliare la pietra in due pietre grandi e molte altre piccole. La più grande delle quali (Cullinan I) fu ribattezzata «La Grande Stella d'Africa».
È invece un'altra storia di maledizioni quella che si accompagna al nome del Black Orlov, il diamante nero. Sembra che la maledizione sia iniziata quando la pietra, un grezzo originariamente di 195 carati, fu sottratta da un monaco dall'occhio dell'idolo Brama in un santuario indiano. Fu questo sacrilegio a condannare tutti i successivi possessori della pietra a una morte violenta. Nel 1947, la Principessa Nadia Vyegin-Orlov e la principessa Leonina, entrambe proprietarie del Black Orlov morirono suicide. Già quindici anni prima il mercante che trasportò la pietra negli Stati Uniti si era suicidato gettandosi da uno degli edifici più alti di New York, poco dopo aver venduto il gioiello. Nel tentativo di rompere la maledizione, il diamante fu tagliato in tre gemme separate e oggi una di queste è montata su una spilla con 108 diamanti sospesa a un collier, ma sembra che nessuno l'abbia più indossata.
Esiste poi un diamante talmente grosso e perfetto che gli esperti mondiali non hanno potuto calcolarne la valutazione. Ed è probabilmente per questo che è l'oggetto più concupito del mondo. Presentato nel 2000 al Dome di Londra, il 7 novembre dello stesso anno dodici uomini hanno tentato il furto del secolo facendosi strada a colpi di bombe lacrimogene e bulldozer. Ad aspettarli hanno trovato gli agenti di Scotland Yard, che, appresa la lezione, hanno alzato la guardia sulla preziosa pietra.
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