Letteratura

Senza fobie e manie non saremmo noi stessi

Paure e fissazioni sono le nostre "impronte mentali". Spie del carattere e dello stile di vita

Senza fobie e manie non saremmo noi stessi

Dimmi che fobie e manie hai e ti dirò chi sei. Anche se non sempre funziona. Per esempio Steve Jobs pare avesse la fobia dei bottoni, che si chiama koumpounofobia (dal greco moderno «koumpouno» che significa «bottone»), e in effetti a pensarci indossava sempre maglioncini a collo alto, e odiava anche i bottoni intesi come tasti. Anche per questo ha rivoluzionato gli smartphone: via le tastiere. E perfino il mouse Apple doveva avere un bottone invisibile. Certo è che non tutti coloro che hanno la fobia dei bottoni possono sentirsi Steve Jobs.

Se volete saperne di più su fobie e manie umane è appena uscito un magnifico Atlante delle fobie e delle manie, edito da Utet. Io l'ho usato per sapere che manie e fobie ho. L'ablutofobia è il terrore di lavarsi, che fino a poco più di un secolo fa era molto comune, ma perché si credeva che lo sporco difendesse dalle malattie (non ce l'ho, ma ci sono alcuni primitivi, tipo Mauro Corona, che ci crede ancora). L'aerofobia è la paura di volare (ce l'ho, ma insieme al 2,5 per cento della popolazione mondiale, sono in buona compagnia, ma per quanto riguarda i mezzi di trasporto devono essere scemi come me, visto che l'aereo è il mezzo più sicuro).

Tralascio le più comuni e conosciute (aracnofobia, claustrofobia, agorafobia), a parte l'omofobia, il cui termine fu coniato nel 1965 dallo psicoterapeuta George Weinberg. Il quale ribaltò la situazione, suggerendo che i pregiudizi contro l'omosessualità fossero un'ansia camuffata, una fissazione innaturale, con «profonde motivazioni psicologiche». In effetti in natura gli altri primati non si fanno tutti questi problemi. Ma già nel 1914 lo psicanalista ungherese Sándor Ferenczi aveva studiato come l'avversione verso gli omosessuali fosse un sintomo di un desiderio represso. Nel 1996 fu condotto un esperimento preciso all'università della Georgia, che dimostrò come su sessantaquattro maschi etero quelli più ostili ai gay erano quelli più eccitati da immagini omoerotiche. Fossi un etero ci penserei, essendo bisessuale non ci ho mai pensato, ora che sono un binario morto neppure.

Ho scoperto, grazie a questo atlante, di essere affetto di sicuro da sedatofobia, ossia la paura del silenzio. A tal punto che dormo sempre con la tv accesa su una conferenza scientifica. Ma ho anche la fobia del dormire nel letto, perché mi fa pensare alla morte, e dormo sul divano (non l'ho trovata), sarà una divanomania. Tuttavia mi consolo con una teoria: esiste il letto di morte ma non il divano morte, ci sarà un motivo. Sul divano mi sento più provvisorio, più sicuro.

Ho anche la talassofobia, paura del mare, che non è per niente popolare, sembra che tutti amino il mare, e se dici che tu lo odi ti prendono per uno che non capisce la bellezza della vita (è vero, non la capisco, o forse più di loro, perché finché c'è la morte non posso amare la vita).

C'è chi ha la tetrafobia, la paura del numero quattro, specialmente in Asia orientale. Molti edifici e stanze non hanno piani con il numero 4 (quindi neppure 14, 24, 34, eccetera) e molti hotel di Hong Kong passano direttamente dal trentanovesimo al cinquantesimo piano. Comunque, ognuno ha le sue superstizioni (tranne me, sono diventato un caso per il neuroscienziato Giorgio Vallortigara, che però mi ha mostrato uno studio dove si ipotizzava che persone senza credenze rientrassero nello spettro autistico, con mia mamma esultante che mi ha detto: «Te l'ho sempre detto che eri autistico!»). Da noi, in compenso, abbiamo la triscaidecafobia, che altro non sarebbe che la paura del numero 13 (ma nomi più semplici non potevano trovarli? A leggerli ti viene l'omonomasticofobia). Tra i grandi affetti da questa fobia chi poteva esserci se non Stephen King?

Non soffro di urofobia, che ti fa chiudere la vescica nei bagni pubblici (anche detta «sindrome della vescica timida»), ma c'è chi soffre di pteronofobia (paura delle piume, piumofobia, su), mai conosciuto nessuno. Piuttosto penso che ci siano tanti odontofobici, come me, che hanno paura di andare dal dentista (mi sembra normale, a parte alcuni masochisti come il paziente interpretato da Jim Belushi ne La piccola bottega degli orrori, che amava andare a farsi torturare da un dentista sadico interpretato dal fantastico Steve Martin).

Di manie anche ce ne sono a bizzeffe, dalla bibliomania (tra i miei amici ne conosco tre molto gravi: Giampiero Mughini, Alessandro Gnocchi e Luigi Mascheroni) alla klazomania, la compulsione a urlare, coniata dallo psichiatra ungherese Benedek nel 1925 quando i talk show italiani non c'erano ancora (io credevo l'avesse inventata Vittorio Sgarbi). Di erotomania soffriamo in tanti, e le manie nel sesso umano sono innumerevoli, e ne nascono ogni giorno di nuove.

Una mia cara ex amante, per esempio, con la quale sono rimasto in amicizia e oggi è felicemente sposata, l'altro giorno si è sentita talmente in confidenza con me da parlarmi nel dettaglio del suo pavimento pelvico. Da allora non smetto di pensarci, perché non avevo mai pensato al pavimento pelvico, non sapevo neppure esistesse, e guardo il mio parquet con disgusto.

Sono diventato un parquetofobo e un pavimentopelvicomaniaco in un colpo solo.

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