Sesto vuol diventare patrimonio dell’umanità

«Il percorso durerà un anno - dice il primo cittadino - ma potrebbe portare a un risultato prestigioso»

Roberto Bonizzi

Sesto la rossa, Sesto capitale dell’industrializzazione italiana si candida a diventare patrimonio dell’umanità dell’Unesco, nella categoria «paesaggio culturale evolutivo». Lo annuncia Giorgio Oldrini, il sindaco della città alle porte di Milano, proprio nella giornata internazionale del patrimonio industriale mostrando in anteprima i padiglioni del museo dell’industria e del lavoro, che aprirà i battenti a breve sull’area che ospitava, fino all’inizio degli anni ’90, lo stabilimento della Breda. Uno dei gioielli di archeologia industriale di Sesto San Giovanni.
La candidatura non è sinonimo di scelta, anzi. «Il percorso sarà lungo un anno - spiega Oldrini -, e non sarà privo di difficoltà, ma potrebbe portare alla fine a un risultato prestigioso». La candidatura, a termine di regolamento, dovrà essere vagliata prima dal comitato nazionale dell’Unesco. Una procedura diventata necessaria per il numero elevato di proposte presentate ogni anno. E l’unica città italiana che può vantare un riconoscimento simile è Crespi D’Adda. «Sarà l’organismo italiano a inoltrare la nostra candidatura al comitato mondiale - prosegue il sindaco di Sesto -, se lo riterrà opportuno».
La città milanese ha pure un asso nella manica: a settembre il comitato internazionale dell’Unesco svolgerà in Italia (a Terni) l’assemblea plenaria annuale. Durante l’incontro una delegazione visiterà Sesto San Giovanni, «mostreremo loro quello che abbiamo già fatto e sveleremo i progetti per il futuro, dovremo giocarci bene questa opportunità», aggiunge il primo cittadino.
La candidatura è soltanto il termine di un percorso iniziato anni fa, dalle precedenti amministrazioni, quando in Comune sedeva ancora Filippo Penati, l’attuale presidente della Provincia. Le caratteristiche principali di Sesto San Giovanni sono due. Intanto il valore del passato. Alle porte di Milano, tra il 1903 e il 1911, è fiorita l’industria italiana. Breda, Falck, Campari, Magneti Marelli: pezzi fondamentali nel panorama della produzione industriale. Una stagione caratterizzata da un alto tasso di innovazione e dall’eccellenza mondiale. «Con l’ultima colata della Falck, nel 1996 - ricorda Oldrini - possiamo dire che si è chiusa quella stagione. Ed è iniziato il tempo della riconversione culminata con l’apertura di centri commerciali, nuove aziende e la sede dell’Università Statale».
Senza dimenticare il passato e l’archeologia industriale che oggi diventano di attualità con un museo distribuito in tutta la città. Dal carroponte della Breda ai capannoni T3 e T5 della Falck, su cui sta lavorando Renzo Piano, che nelle prossime settimane presenterà il suo masterplan. E poi i villaggi operai, i magazzini e le vecchie fabbriche.

«Il museo - chiude il sindaco - è una patente di qualità straordinaria che ci inserisce in un circuito mondiale di città che hanno affrontato i nostri stessi problemi. In più si presenta la possibilità di un ritorno economico, come meta di turismo specializzato».

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