Cronaca locale

Sgominato traffico di rifiuti nella discarica di Muggiano

Materiale tossico riciclato nei lavori stradali a Novara. Nelle carte i contatti con i clan della 'ndrangheta

Sgominato traffico di rifiuti nella discarica di Muggiano

Lombardo che più lombardo non si può, al punto di chiamare la sua azienda Sabiunat, vecchio nome dialettale dei commercianti di ghiaia. Marco Lavatelli, 56 anni, vigevanese, gestiva con efficienza tutta nordica la discarica che aveva impiantato in una cava esaurita nella periferia milanese: a ridosso della Cascina Guascona, a Muggiano, un territorio da sempre assediato dai campi rom. E trasformato invece da Lavatelli in una poderosa macchina da quattrini. Migliaia di tonnellate di detriti e rifiuti di ogni genere entravano nella discarica di Muggiano, e da lì senza essere stati ripuliti ripartivano verso i cantieri della tangenziale di Novara, venduti a caro prezzo per fare da base della nuova bretella destinata a collegare la tangenziale con la Statale ticinese. Truffa? Mica tanto, nel senso che i vertici della società incaricata di realizzare l'opera sapevano benissimo che tipo di materiale veniva fornito dalla azienda di Lavatelli, perché i tecnici in servizio avevano più volte segnalato la qualità infima del terriccio proveniente da Muggiano, tanto da averlo dovuto respingere al mittente. Ma i dirigenti della Novara scarl - consorzio appaltatore dei lavori - avevano deciso di fare finta di niente. E adesso sono finiti anche loro sotto inchiesta per una sfilza di reati, insieme a Lavatelli e altre quattro persone.

Ieri mattina scattano i sequestri preventivi disposti dal pool antimafia della Procura milanese, competente anche per le indagini sui traffici di rifiuti. Non è un'attività secondaria, per il pool: il traffico di rifiuti è una attività cara ai businessman della criminalità organizzata, e anche in questa vicenda compaiono nomi pesanti. Lavatelli è in contatto con Pietro Paolo Portolesi, calabrese di Platì, indagato nel 2007 dalla Procura di Torino come membro della «Santa» di Volpiano, la cellula locale della 'ndrangheta.

Nell'ordinanza eseguita ieri si parla di 250mila tonnellate di rifiuti passati per la discarica e trattati in modo illegale o non trattati affatto, nonostante i terreni di Cascina Guascona facciano parte del Parco Agricolo del Sud Milano: e proprio il laghetto adiacente alla cascina, secondo le ipotesi della Procura, potrebbe essere stato contaminato dalla presenza della discarica abusiva. Bottino totale delle operazioni illecite, secondo il conteggio della pm Silvia Bonardi, oltre quattro milioni di euro. Il decreto, che ha portato anche al sequestro di un tratto della bretella, parla di «rischi per la incolumità pubblica».

Non si parla, nel decreto di sequestro, di rifiuti tossici in senso stretto. La maggior parte dei detriti che arrivavano in Cascina Guascona proveniva da opere di demolizione. Ma ci sono anche detriti provenienti da rifiuti di fonderia, un materiale notoriamente ad alto potere inquinante, e che andrebbe trattato accuratamente prima di essere rimesso in circolazione. Invece l'indagine dei carabinieri della Forestale e della Guardia di finanza ha messo in luce una notevole spregiudicatezza dei protagonisti. Umberto Vola, direttore del cantiere novarese, il 10 novembre 2021 scrive a Lavatelli che il materiale «dopo essere stato scaricato a terra è stato giudicato palesemente non conforme». Ma i vertici di Novara scarl decidono di fare finta di niente, un po' per risparmiare sui costi, un po' perché rifiutare il materiale avrebbe allungato i tempi dell'opera, con il rischio di dover pagare ingenti penali a Anas. E davanti a questo pericolo, si sceglie di chiudere gli occhi.

Con buona pace dei terreni avvelenati.

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