Politica

Il silenzio di Fassino sullo «sfratto» a Mimun

Il silenzio di Fassino sullo «sfratto» a Mimun

Paolo Bracalini

da Milano

Qualche mese fa il responsabile informazione dei Ds Fabrizio Morri era stato più esplicito. «Il Tg1 di Clemente Mimun è un tg di merda». Lo stesso Morri che nel 2002 era insorto contro l’incursione «bulgara» della politica in Rai, dopo l’allontanamento di Santoro, Biagi e Luttazzi, e che a Diario assicura che «in Rai non faremo le epurazioni che ha fatto il centrodestra», ha già indicato la prima testa da far saltare. «Non spetta a me deciderlo ma presto dovrà cambiare il direttore del Tg1, Mimun ha diretto in maniera del tutto parziale». Al direttore del Tg1 non è arrivata nessuna parola di solidarietà dai colleghi, né dalla Fnsi, né dal Cdr del Tg1 (da tempo in guerra con la direzione), né dall’Usigrai, il potentissimo sindacato dei giornalisti Rai, che invece ha diffuso un comunicato di felicitazioni al neo ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni dopo soli 10 minuti dall’uscita di Prodi dal Quirinale.
Contro Morri anche la stessa sinistra (Rizzo del Pdci, Capezzone della Rnp, il presidente della Rai Petruccioli). Nessuna parola da Piero Fassino, che invece a gennaio, sulla Stampa, aveva preso le distanze dagli insulti del suo braccio destro a Clemente Mimun. «Mi rammarico delle espressioni infelici di Morri - aveva detto il segretario Ds -, in una democrazia forte e sana l’informazione deve essere libera da ogni condizionamento».
Il direttore del Tg1 sorride e non commenta. Non c’è giorno che non se ne annunci la rimozione, ma lui lavora già all’edizione 2006-2007 di Uno Mattina e del DopoTg1 come se nulla fosse. In una lettera a un quotidiano, due settimane fa, spiegava di essere abituato «al rito tribale» del totonomine e dello spoil system in Rai. Ne fu lui stesso protagonista nel passaggio dalla Rai ulivista a quella di centrodestra nel 2001 (migrando dalla direzione del Tg2 al Tg1). Il nome più probabile per la successione è quello di Ferruccio De Bortoli, voluto personalmente da Romano Prodi per la poltrona più pesante tra i Tg Rai. Eppure, se si guarda allo share, la gestione Clemente Mimun è stata un successo per il telegiornale di Raiuno. Dal maggio 2002 all’aprile 2006 l’edizione delle 20 del Tg1 ha registrato in media il 30,8 per cento di share, più di 6 milioni e 100mila telespettatori di media. Nei quattro anni di Mimun, il Tg1 della sera ha battuto il suo diretto rivale Tg5 nell’87,6 per cento delle volte, per 46 mesi su 48. Distacco medio: 3 per cento di share. Nella prima metà di maggio il Tg1 serale ha ottenuto una media del 31,5%, tre punti sopra lo stesso periodo del 2005. Nell’edizione delle 13.30 cresce del 5,5% (1 milione di telespettatori), a maggio la media di share è stata del 31,8 per cento. Mimun ha anche rilanciato i magazine del Tg1, Tv7 e Speciale Tg1, oltre ad aver inventato la formula del DopoTg1. I numeri gli danno ragione, la politica meno, davanti a quel «Rai-baltone» paventato dall’ex ministro delle Comunicazioni Gasparri. La legge però dice che l’attuale Cda rimane in carica fino al 2008, e con il Cda anche le direzioni.

A meno, è chiaro, di epurazioni ad personam.

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