
"Ti ho trovato un'idea per rivoluzionare la confessione e renderla più attrattiva. Se mi dai retta vedrai che aumenti i clienti in chiesa. Finché voi preti rimanete bloccati nel vostro passato, una volta glorioso e ora ammuffito, non avete possibilità di destare interesse». Mi ha interpellato in questo modo un amico che si occupa di marketing, bussando alla porta del mio confessionale una domenica, prima della Messa. «Per farmi questa proposta però sei entrato in chiesa e questo già mi rende felice. Vuol dire che almeno non ti sei dimenticato la strada! Non ti vedo mai!», gli ho risposto io. «Vedi, vedi, è proprio questo il problema: il tuo imprinting clericale lamentoso e giudicante. Hai sempre da ridire, sottolineando il mancante, evidenziando gli errori, Oggi - mi provoca - invertiamo i ruoli: tu fai il peccatore e io ti faccio la predica. E, come dite voi, cerca di pentirti veramente e di convertirti!». Prende il suo smartphone e mi mostra una pagina web che narra la storia di Ethan Wargo riportata da The Washigton Post. È un bambino di 9 anni che nell'estate scorsa, ogni mattina si piazzava con un tavolino davanti al giardinetto di casa a Sycamore, in Illinois, negli Stati Uniti, con un cartello che attirava l'attenzione: «Complimenti gratis». Ethan regalava sorrisi facendo domande gentili - «Com'è andata la giornata?» - oppure con osservazioni spontanee - «Che bel nome! Come sei elegante! Ti sta bene quel taglio di capelli! Complimenti per le scarpe!». L'idea gli era venuta leggendo un libro come compito per le vacanze, nel quale il protagonista insultava i passanti e arcignamente attaccava sempre tutti e criticava tutto. Aveva intuito che la gentilezza, anche quella di uno sconosciuto, può cambiare un'intera giornata. Un semplice buon giorno di chi incroci può avere la forza di un abbraccio inaspettato. Basta poco per far sentire qualcuno visto davvero e considerato. Il mio amico, prendendo bene lo scambio di ruolo, mi incalza: «Anche tu se cominciassi a regalare più complimenti gratis trasformeresti il confessionale da angolo cupo in miniera di sorrisi!».
Non faccio a tempo a provare a rispondere che, in perfetto stile clericale, continua il predicozzo elencandomi una serie di esempi in cui basta poco per cambiare molto, partendo dal linguaggio comune. Mi gira in whatsapp l'immagine di una pagina presa dal libro di A. Sepe e A. De Simone, D'amore ci si ammala, d'amore si guarisce. Mostra possibili trasformazioni di frasi comuni da accuse in punti di forza. Dal «Ti sbagli! Non è così!», al «Temo che tu stia trascurando alcuni fattori, riflettiamoci insieme!». Dal «Datti una calmata!», al «So quanto ci tieni. Appena ci calmiamo ne parliamo meglio». Dal «Devo fare sempre tutto io!», al «Non sento la collaborazione che vorrei, mi aiuti per favore?». Dal «Non mi ascolti mai!», al «Scandiamo dei tempi in cui io parlo e tu ascolti e poi viceversa?». Dal «Non voglio parlarne!», al «Ti spiace se affrontiamo l'argomento più tardi? Ora non me la sento». Dal «Non hai capito niente!», al «Forse non mi sono spiegato bene!». Dal «Stai esagerando!», al «Vorrei capire perché sei arrabbiato, ma mi è difficile se urli». Dal «Te l'avevo detto!», al «Mi spiace!». Dal «Non ti sopporto più!», al «Apprezzerei molto se evitassi di...». Dal «Non ti ci mettere anche tu!», al «Perdonami, non sono dell'umore giusto».
Ciascuno potrebbe continuare l'elenco con altri esempi. A me sono subito venute in mente alcune frasi o atteggiamenti che uso spesso verso qualcuno. Basterebbe poco per cambiare molto. Il mio interlocutore, ribaltando i ruoli in confessionale, mi ha ricordato un prete anziano che mi insegnò che un prete per confessare bene deve andare spesso a confessarsi lui, perché solo se si è rigidi con se stessi si è comprensivi verso gli altri, invece più si è larghi con se stessi e più si è stretti verso gli altri, più si scusa tutto di sé e meno si tollera ogni sbavatura degli altri. Concludeva: un confessore funziona quando si percepisce guaritore ferito e non quando si crede esperto di perfezione. Il piccolo Ethan offre una grande lezione.
I «complimenti gratis» sono proprio una forza! Il sentirsi continuamente ritenuti sbagliati e mancanti, il percepire più abbondanti le parole di giudizio o di correzione, il dare più attenzione al brutto rispetto che al bello, fa scattare quella permalosità rassegnata che inquina i rapporti, amareggia, incupisce, fa accartocciarsi. Un complimento non costa nulla ma arricchisce molto, nel riceverlo ma anche nel donarlo.