nostro inviato a Venezia
«Parli come uno del National Front» dice Angie al padre, e lui ci rimane male. È un pensionato, appartiene alla classe operaia, crede nei sindacati, ritiene che l'immigrazione non sia carne da cannone da sparare impunemente nel mercato del lavoro e pensa che i problemi dei polacchi, degli ucraini, dei romeni e degli arabi vadano risolti a casa loro, dai loro governi. «Non puoi far lavare i piatti a un laureato» dice. «Non è così che li si aiuta». Per Angie, invece, questo è un modo di ragionare da fascisti, gli immigrati a casa loro e tutto il resto... Mentre invece c'è il mercato, c'è la competitività, bisogna sapersi adattare, essere flessibili, lottare, dare a tutti un'occasione... Lei che ha trent'anni, un ex marito disoccupato che passa i suoi giorni davanti al televisore, un figlio di undici, un numero infinito di contratti a termine alle spalle, un futuro incerto davanti, pensa che così va il mondo e ci si deve comportare di conseguenza. Vuole la sua parte, lavora senza un attimo di tregua, se la merita, niente e nessuno gliela porterà via. Ognuno per sé, patti chiari, nessun rancore. Dov'è la destra? E dov'è la sinistra?
Nel momento in cui il sindaco diessino di Firenze decreta l'emergenza lavavetri e Alberto Asor Rosa si dimette da «intellettuale di sinistra» perché la giudica «una cialtronata» esplode a Venezia la bomba Ken Loach, regista di sinistra che In questo mondo libero... racconta l'Inghilterra di sinistra di Tony Blair, dove il 90 per cento dei lavoratori sottopagati nell'ambito dei settori delle pulizie, dell'ospitalità, dei lavori domestici e dell'alimentazione è fatto di immigrati, e dove il 50 per cento degli immigrati ha un diploma... Ma cos'è allora la sinistra? E che cos'è la destra?
La rivelazione del film è questa biondina energica, dalla bellezza soda, dura e un po' volgare che si chiama Kierston Wareing, ha la stessa età della protagonista e prima di essere scelta dal regista aveva deciso di mollare tutto e cercarsi un lavoro di segretaria... «Erano dieci anni che trovavo solo porte chiuse... Sì, c'è molto di me nel personaggio di Angie».
Il film, c'è da giurarlo, piacerà molto alle femministe ex, post, antemarcia, in congedo e in pensione di casa nostra, riciclatesi in donne manager, donne in carriera, donne di corsa, di ufficio e di rapina. È una di loro, è tosta, non si fa mettere i piedi in testa, ha l'adrenalina di un maschio e del maschio i medesimi appetiti sessuali, il coito come sfogo e come affermazione di sé. Nel film c'è una battuta rivelatrice, allorché uno di quei grassi inglesi da pub, giornali porno e hamburger imbottiti, osserva sconsolato: «Lo dico sempre ai miei amici, con la clonazione non saprete più che farvene di noi, diverremo assolutamente inutili». E non è un caso che per festeggiare una giornata di lavoro faticosa ma proficua, Angie e la sua amica Rose decidano per una bella scopata fatta «pescando» nel loro parco immigrati...
L'effetto Wareing è spiazzante, quanto è spiazzante l'angolazione scelta da Loach. Non il sottomondo criminale degli sfruttatori, non la terra desolata degli sfruttati, ma un'energica appartenente alla working class, a cui piacciono i capi firmati e le moto di cilindrata, che si trasforma in intermediaria di mano d'opera fra chi ha bisogno di lavorare e non fa storie e chi vuole pagare poco e non vuole storie. Non pratica l'illegalità, Angie, si muove ai margini, in quella linea di confine della legalità dove però le regole non ci sono lo stesso.
«Angie è egoista, ma anche passionale e generosa» dice Loach. «Fa un lavoro sporco di cui però ci serviamo tutti. È vivace, ma non è la donna riposante che molti uomini vorrebbero al loro fianco, ed è sola anche per questo. Non è su di lei che il film dà un giudizio morale, ma sul sistema in cui la sua impresa può prosperare. Un film non è mai un'opera di propaganda: è conflitto, è dramma, è sentimenti. Vedo che prevale un'idea della società in cui ciascuno fa muro intorno a sé.
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