Le bombe "rimbalzanti" che non piegarono la Germania nazista. Ma fecero solo strage

Lo storico Max Hastings ripercorre l'operazione "Chastise" che distrusse le dighe tedesche

Le bombe "rimbalzanti" che non piegarono la Germania nazista. Ma fecero solo strage

Rileggere le guerre del passato può forse aiutare a capire meglio le guerre del presente. Concetti come bombardamenti indiscriminati, vittime civili e effetti collaterali, missioni suicide, teatri bellici, impatti catastrofici, ma non impatti decisivi, eccetera scorrono sotto i nostri occhi mentre via via ci si rende conto che ogni volta la propaganda presenta un conflitto che è completamente diverso dalla realtà in corso d'opera.

Gli analisti, gli storici, gli stessi militari lo sanno benissimo, ma sono disponibili a raccontare la verità solo se, quando e quanto il conflitto non li coinvolge direttamente, situato in territori più o meno lontani, sotto orizzonti politici più o meno distanti, nello spazio come nel tempo. Non solo non esistono guerre buone, ma non esistono neppure guerre giuste: basta cambiare di prospettiva per rendersene conto. La Seconda guerra mondiale, per fare l'esempio più evidente, perché ideologicamente il più vincente quanto a scontro fra il Bene e il Male, scoppiò perché le democrazie occidentali europee vollero difendere la Polonia dall'invasione del totalitarismo nazista. Terminò con la Germania distrutta, il nazismo sconfitto, ma l'intera Europa orientale, Polonia compresa, sotto un altro totalitarismo, quello sovietico, per i successivi quarant'anni

Queste riflessioni mi sono venute in mente leggendo un libro straordinario, Operazione Chastise, di Max Hastings (Neri Pozza, traduzione di Filippo Verzotto, 350 pagine, 20 euro). Hastings è uno storico militare di prim'ordine, basti ricordare il suo Catastrofe 1914. L'Europa in guerra, sui prodromi della Prima guerra mondiale, o Vietnam. Una tragedia epica 1945-1975, sulle radici e poi lo svolgersi del conflitto vietnamita, entrambi editi dalla stessa casa editrice di Operazione Chastise Questa volta però il taglio da lui scelto è particolare, perché è il singolo avvenimento a gettare luce su un panorama più generale, a differenza dei quadri d'insieme dei volumi precedenti.

Tradotto in italiano, Chastise vuol dire Castigo e il sottotitolo 1943. Il raid dei Dambusters. I guastatori delle dighe, aiuta a spiegare di che cosa si trattasse. In breve, nel maggio di quell'anno, precisamente nella notte fra il 16 e il 17, uno stormo di 19 aerei, il 617° squadrone, con 130 aviatori in totale a bordo, età media 25 anni, sorvolò la Germania occidentale e, grazie alla cosiddette bombe rimbalzanti di nuova progettazione, distrusse le dighe dei bacini idrici dell'Eder e della Möhne, rovesciandone a valle le acque, una vera e propria inondazione. La metà dello squadrone, 8 velivoli per l'esattezza, non fece ritorno, e 53 aviatori persero la vita, un bilancio pesantissimo nella storia della Raf. Il bilancio tedesco della Möhnekatastrophe fu di circa millequattrocento persone, in massima parte civili, per lo più prigionieri di guerra trasformati in forza lavoro, francesi, polacchi, russi, ucraini, una carneficina di massa in pratica, che si aggiunse alla devastazione di case, borghi, campagne, seppellite sotto tonnellate d'acqua.

Il raid dei Dambusters, teoricamente un raid mirato su un obiettivo preciso e circoscritto, rientrava in una più ampia strategia bellica frutto, scrive Hastings, di un rapporto indipendente commissionato alla fine del 1941 dal consigliere scientifico personale di Churchill e relativo all'efficacia dei bombardamenti britannici. Questo rapporto aveva messo in evidenza come «in normali condizioni notturne, un equipaggio della Raf non fosse in grado di individuare un obiettivo più piccolo di una citta». Invece di «investire sforzi per lo più vani per localizzare centrali elettriche, fabbriche e installazioni militari» si decise pertanto che, da allora in poi, «la Raf avrebbe attaccato intere aeree urbane». La nuova linea d'azione, nota come «bombardamento d'area», non venne mai resa apertamente nota al grande pubblico, ma, come sottolinea ancora Hastings, «la popolazione civile delle città di Hitler fu l'obiettivo della maggior parte dei bombardamenti britannici».

C'è di più. In quel maggio del 1943, ovvero 45 mesi dopo lo scoppio della guerra, era abbastanza evidente che gli Alleati fossero destinati ad avere la meglio sulla Germania, ma era altrettanto evidente che «lo strumento principale per ottenere quel risultato sarebbe stata l'Armata rossa». Erano i numeri a parlare. La battaglia di Stalingrado del gennaio precedente si era conclusa con 150mila tedeschi morti e 120mila prigionieri, rispetto ai 9mila morti dell'Asse e ai 30mila prigionieri, in maggioranza italiani, della vittoria di El Alamein, in Africa, del novembre'42. Nell'estate del'43 a Kurk e Orël sarebbero stati due milioni gli uomini degli eserciti di Hitler e di Stalin a scontrarsi, mentre l'offensiva angloamericana in Africa settentrionale interessava un totale, su ambo i lati belligeranti, di una trentina di divisioni, Più o meno 200mila soldati

In sostanza, a quasi quattro anni dalla guerra e a 18 mesi dalla discesa in campo degli Stati Uniti, il grosso degli eserciti inglesi e americani continuava ad addestrarsi in patria, «preparandosi a un'invasione del continente per la quale non era stata ancora fissata la data».

Infine, nell'opinione pubblica americana, la reputazione dell'esercito britannico era bassa, complici le sconfitte subite sino al '42 in Europa, in Africa, in Estremo Oriente. Secondo un sondaggio dell'Office of War Information del luglio 1942, da Hastings riportato, solo un 6 per cento degli intervistati vedeva un coinvolgimento inglese nel conflitto che andasse oltre la difesa dei propri confini insulari. Come scrisse un analista dell'OWI, «frasi come i britannici aspettano sempre che arrivi qualcuno a togliere loro le castagne dal fuoco e l'Inghilterra combatterà fino all'ultimo francese hanno acquisito ampia diffusione».

Tutto questo spiega da un lato la necessità inglese di azioni tanto solitarie ed eroiche quanto eclatanti, quale appunto fu l'operazione Chastise, ma dall'altro illumina in modo ben diverso, rispetto alla retorica postbellica, il ruolo e il peso britannico nei primi tre anni del conflitto.

In sé, scrive Hastings, il raid dei Dambusters, «fu un'operazione di nicchia. Anche se non lo ammise allora e non lo avrebbe ammesso in seguito, l'impegno profuso dalla Raf a un attacco delle dighe in Germania fu marginale, una minuscola frazione delle forze che si mettevano in viaggio quasi ogni notte per tentare di ridurre in cenere le città». Più in generale, la strategia del cosiddetto bombardamento a tappeto ebbe «in termini di vite, soldi pubblici e senso di superiorità morale sul nemico un costo che superò tragicamente i risultati cui portò». Per quanto giustamente Hastings si rifiuti di giudicare gli eventi del passato con gli standard del presente, oggi, ai sensi dei protocolli aggiuntivi del 1977 alla Convenzione di Ginevra, «causare deliberatamente una catastrofe simile alla breccia nella Möhone e Nell'Eder rappresenterebbe un crimine di guerra».

Come ha scritto Knut Lier-Hansen, un eroe della resistenza norvegese: «Sì, le guerre possono portare con sé avventure che scaldano il cuore, ma la vera natura della guerra è fatta di innumerevoli tragedie personali, di pena, sperpero e sacrificio, di una malvagità totale che la gloria non redime».

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