Una cosa è chiara. Alla #chiamata non ci si può sottrarre. Dio chiama e le cose appaiono; Dio richiama Adamo alla sua colpa e reclama Abramo perché lasci tutto ciò che ha e si avvii verso il futuro, finora deserto. D'altronde, vox clamantis in deserto, voce di uno che chiama nel deserto, si qualifica Giovanni il Battista ripetendo la chiamata di Isaia. La chiamata è sempre individuale, chiama alla conversione totale e al sacrificio tremendo, perché una folla i chiamati fecondi il deserto, fondando cattedrali sull'impossibile. Ogni chiamata (dal latino clamare) è per sua natura clamorosa, tra i golfi delle consonanti si annida il suono, il rintocco. «Chiamata» è una parola di rombo e di rimbombo, i cui estremi sono il gracchiare (lo slavo antico krakati) o il gocciolare (lo spagnolo llamar ha sapore e rumore di pioggia). La chiamata, oggi, ha una vaga sintonia con il gemello opposto, la chiacchiera. La chiamata è una, indivisa, inaudita; la chiacchiera la confonde e sconfigge, riduce lo smisurato in una tazzina di caffè.
Frastornati dalle chiacchiere, non riconosciamo la chiamata, che vergogna. La chiamata si compie nella risposta: gli ignari, oggi, girano la faccia dall'altra parte, di fronte alla perentoria potenza della chiamata. Chi ha voglia ancora di coltivare il deserto di rose?Alla «chiamata» non ci si può più sottrarre
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