I "Diavoli" Dempsey e Borghi tra gli squali della finanza

Da domani i dieci episodi della attesa serie di Sky. La seconda stagione sarà nella Milano del Coronavirus

I "Diavoli" Dempsey e Borghi tra gli squali della finanza

Non era facile tradurre in fiction un mondo impenetrabile come quello della finanza. Non era facile realizzare una sceneggiatura avvincente rendendo nel contempo comprensibili agli spettatori meccanismi e parole complicate come «shortare» o «trigger». Ma la serie Diavoli ci è riuscita, unendo l'aspetto thriller con il viaggio nei labirinti delle banche.

In onda su Sky Atlantic e Now tv, da domani in dieci episodi, è tratta dal romanzo di Guido Maria Brera, il trader finanziario (e marito di Caterina Balivo) sulle liberalizzazioni degli ultimi 30 anni e scritto il libro anche come una sorta di autoanalisi. Il libro racconta il crollo finanziario nel 2011 e la crisi economica europea, con il calvario della Grecia, intrecciando gli eventi reali con l'introspezione psicologica dei personaggi. Sono i «diavoli», monaci-guerrieri invisibili interessati solo a denaro e potere, ben diversi da quelli visibilissimi e dediti a coca e sesso incarnati da DiCaprio in The Wolf of Wall Street. Insomma, la serie, produzione di Sky e Lux Vide già venduta in 160 Paesi, girata tra Roma e Londra, non giudica con una lente morale, ma punta il dito contro il capitalismo sfrenato attraverso la crisi esistenziale dei suoi protagonisti che, al vertice del potere, si interrogano sul male che stanno facendo all'umanità. A incarnare questo dilemma il personaggio di Massimo Ruggero, reso in maniera efficace da Alessandro Borghi, perfetto esempio di self-made man che partendo da un paesino italiano arriva a Londra e diventa lo spregiudicato e geniale head of trading di una delle banche di investimento più importanti, la NYL.

La trama è giocata sul rapporto tra lui e il suo mentore, il Ceo della banca, Dominic Morgan (Patrick Dempsey): il sodalizio si sgretola quando Massimo scopre che Dominic è coinvolto in un intrigo politico internazionale che mette a rischio la vita di milioni di persone. E Massimo deve scegliere se stare con i buoni o i cattivi, anche se la distinzione non esiste...

E, dunque, come sono questi diavoli? Risponde Alessandro Borghi, in una conferenza iper-tecnologica realizzata da Sky con 50 giornalisti collegati da mezza Europa (anche questo segno di come si può «aggirare» la pandemia), insieme ai coprotagonisti Dempsey e Kasia Smutniak, a Brera e ai registi Nick Hurran e Jan Maria Michelini. «I diavoli della finanza non sono quelli che ci immaginiamo. Ci sono gli squali senza scrupoli e coloro che mantengono alta l'etica, che cercano di usare questo strumento potente a favore dei cittadini». Impossibile distinguere tra buoni e cattivi... «Nella serie in tutti i personaggi c'è un estremo dualismo, convivono aspetti positivi e negativi. Se alla fine della visione ogni spettatore si sarà creato una propria idea, avremo raggiunto il nostro scopo». «Ma quando entra in crisi - continua Borghi, anche lui un self-made cui è bastato un paio d'anni per contendere a Favino o Germano il ruolo di volto iconico del nostro cinema - il suo essere italiano esplode portando alla luce i sentimenti».

La serie, almeno nelle prime puntate viste in anteprima, si traduce in una spietata descrizione del potere delle banche. «La mia non è una critica alla finanza - risponde Guido Maria Brera, che è produttore e mente dell'intera operazione - semmai alla politica che ha lasciato fare, che si è fatta guidare. La finanza è neutra, è laica, uno strumento che può essere utilizzato bene o male. Massimo va in crisi quando scopre che Dominic è un civil servant al servizio della politica (americana) per influenzare i cittadini». Diavoli arriva nel momento in cui il mondo sta per attraversare una delle più grandi crisi economiche mai viste, in cui le banche hanno di nuovo sulle spalle una responsabilità enorme. «È incredibile - commenta il regista Hurran - come le tempistiche abbiano coinciso. In un periodo come questo, chi comanda la finanza si può trovare in una situazione di libero arbitrio, decidere se infierire o se aiutare gli Stati. Staremo a vedere cosa succederà». Un filo di speranza viene da Brera: «Di fronte alla pandemia la politica dei Paesi occidentali ha fallito, si è mossa in ritardo e male. Le banche centrali hanno invece dato una risposta immediata, non dovendo confrontarsi con l'elettorato, dando tempo all'economia per riprendersi.

Questa crisi è stata la Chernobyl della globalizzazione, che costringerà il capitalismo a convertirsi a una crescita più sana». Intanto si sta già scrivendo la seconda serie, che comincerà con una scena nella Milano deserta causa Coronavirus...

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