Via i "fasci" da Torino? Allora epurate anche questi editori...

Autori compromessi, cataloghi «sospetti» e vicinanze politiche: non si salva nessuno

Via i "fasci" da Torino? Allora epurate anche questi editori...

L' editore Altaforte ha pubblicato il libro-intervista di Chiara Giannini a Matteo Salvini. Oltre a stampare ciò che gli pare, Altaforte ha addirittura la pretesa di avere uno stand al Salone del libro di Torino. Sarebbe tutto normale se l'editore, Francesco Polacchi, non fosse un militante di Casapound, non si dichiarasse apertamente fascista e l'intervistato non fosse il bau bau di tutta la sinistra. Scatta dunque la polemica e si levano gli scudi (per ora solo dialettici ma attendiamoci di peggio) contro la democrazia offesa da troppa libertà d'espressione anche se sarebbe da difendere soprattutto quando costa qualcosa spendersi. Siamo vicini alle elezioni. Il bersaglio si direbbe in primis Salvini. Ma già che ci sono, i difensori della libertà di pensiero (solo il loro) ne hanno approfittato per delegittimare un'intera area culturale, la «destra», a loro palesemente sconosciuta. A meno che non siano in cattiva fede e vogliano dunque far credere che la «destra» coincida col fascismo e il razzismo. Un'idiozia ma la discriminazione ideologica non si ferma neppure davanti alla certezza di fare la figura degli ignoranti.. Cosa accadrebbe se venissero davvero applicati i criteri ai quali si ispirano il direttore Nicola Lagioia e il comitato editoriale del Salone del libro di Torino? Scrive Lagioia: «Per ciò che riguarda me e il comitato editoriale, crediamo che la comunità del Salone possa sentirsi offesa e ferita dalla presenza di espositori legati a gruppi o partiti politici dichiaratamente o velatamente fascisti, xenofobi, oppure presenti nel gioco democratico allo scopo di sovvertirlo». L'ex consulente Christian Raimo aveva invece compilato una lista di epurazione che comprendeva «razzisti» del calibro di Francesco Giubilei o Alessandro Giuli. Pura diffamazione, che ha costretto Raimo alle inevitabili dimissioni. Per facilitare il lavoro del Comitato editoriale del Salone 2020, ecco una prima lista di proscrizione. Case editrici da escludere perché pubblicano libri fascisti: Mondadori e Neri Pozza (Pound); Corbaccio, Einaudi, Guanda (Céline); Feltrinelli (Mishima), Adelphi (Simenon); Il Mulino, Passigli e Sellerio (Drieu la Rochelle), Rizzoli (Berto). Sono escluse dal Salone anche le case editrici che abbiano in catalogo almeno un titolo dei seguenti autori per evitare offese alla sensibilità della comunità del Salone: Maurice Barrès, Gottfried Benn, Leon Bloy, Jorge Luis Borges, Emile Cioran, Paul Claudel, Benedetto Croce, Gabriele d'Annunzio, Thomas Stearns Eliot, Edward Morgan Forster, Carlo Emilio Gadda, Knut Hamsun, Hermann Hesse, Eugene Ionesco, Marcel Jouhandeau, Ernst Jünger, Tommaso Landolfi, Thomas Mann, Filippo Tommaso Marinetti, Francois Mauriac, Charles Maurras, Eugenio Montale, Henri Millon de Montherlant, Vladimir Nabokov, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini, Luigi Pirandello, Giuseppe Prezzolini, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, William Butler Yeats. L'elenco si può allungare a piacimento con molti altri reazionari, conservatori e neoconservatori. L'editore Altaforte, al centro dello scandalo, è stato accusato di essere vicino al movimento politico CasaPound. Feltrinelli promuove senza sosta i libri di Matteo Renzi, Mondadori ha pubblicato chiunque ma soprattutto i post comunisti come Massimo D'Alema e i post democristiani come Enrico Letta. Non mancano però i discorsi di Silvio Berlusconi. Rizzoli ha dato alle stampe i tomi di Alessandro Di Battista e Matteo Salvini (tu quoque, Rizzoli). La Nave di Teseo ha in catalogo Piero Fassino e Dario Franceschini. Einaudi non si è lasciata scappare Walter Veltroni. Il Mulino punta su Romano Prodi. Sperling&Kupfer ha scelto Giorgia Meloni. Forse si vuole tappare la bocca ad Altaforte perché dà voce a chi vuole togliere la voce ad altri. Non è vero e comunque cosa dire allora degli editori che danno voce agli autori che vogliono togliere agli altri la vita oltre alla voce? Feltrinelli pubblicava Castro, Guevara, ma anche Mao, Ho Chi Minh, Giap. Un Guevara non fa male a nessuno (a parte tutta la gente che ha fatto fucilare e rinchiudere nei lager). Ce l'hanno in catalogo anche Mondadori e Baldini&Castoldi. Einaudi era più sovietica e quindi ecco Lenin apprezzato anche da Editori riuniti e Newton Compton. Bompiani, pur di avere il Duce in persona, ha pubblicato i diari «veri o presunti» di Mussolini. Diciamo la verità: Benito è il prezzemolino dell'editoria italiana. Compare più o meno nel catalogo di chiunque. In ordine sparso: Castelvecchi, Mondadori, Mondadori Electa, Bur, Chiarelettere, Il Mulino, Leg, Rubbettino, Salerno per limitarci alle più note. Rizzoli ha tagliato la testa al toro: Il mio testamento politico. Autore: Adolf Hitler.

Torino sarà la parata dell'antifascismo, speriamo non violento a questo punto, visto che c'è chi già straparla di picchetti davanti agli stand sgraditi. Il Salone del libro è l'evento più importante del settore in Italia. Invece di lasciar parlare tutti, il comitato editoriale ha dato l'impressione di essere politicamente schierato e di essere ben lontano dal promuovere il confronto. È un fatto grave. Torino è una fiera internazionale.

Chissà cosa penseranno gli stranieri degli italiani che litigano sul fascismo invece di promuoverne la conoscenza storica, nel pluralismo delle opinioni. Il Salone, in origine, era una manifestazione con una chiara impronta libertaria. Con questo comitato editoriale ha raggiunto il polo opposto. Da libertario a liberticida. In nome della democrazia, ci mancherebbe.

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