Ci sono almeno tre ottimi motivi per leggere Il viaggio dei viaggi di Gianluca Barbera (in uscita domani per l'editore Solferino). Primo. È molto divertente, dalla prima all'ultima pagina. Barbera ha costruito un'agile cornice (visita al museo di una scolaresca) entro alla quale inserire, senza fatica, meravigliose storie di viaggio, sulla falsariga del suo recente successo Magellano (Castelvecchi). Storie vere, come quella che presentiamo in questa pagina. C'è l'esploratore italiano Benzoni alla ricerca della sorgente del Nilo, il misterioso Grand Tour di Horace Walpole e Thomas Gray in Italia, l'ultimo volo di Nobile, il brigantino di Charles Darwin e altro ancora. Avventure, dunque, che hanno il fascino dei primi libri che abbiamo preso in mano, le riduzioni di Moby Dick, Stevenson, Verne, Salgari e via sognando.
Il secondo motivo è che Barbera riempie gli spazi lasciati vuoti dalla storia ufficiale ma non inventa a briglia sciolta e questo accresce il fascino di ciò che leggerete. Quelle avventure, dannazione, qualcuno le ha vissute davvero: non è straordinario? È esistito davvero una specie di Robinson Cruose che poi ha ispirato il famoso romanzo di Daniel Defoe...
Il terzo motivo è che nelle storie di Gianluca Barbera, a guardare bene, c'è sempre un risvolto che si può definire filosofico. C'è il racconto dell'esplorazione, d'accordo. Ma cosa significa esplorare? Come estendiamo il dominio della conoscenza? Con lo sguardo? Con la parola? Con il disegno? Con tutte queste cose assieme o con altro ancora? Perché certe storie restano memorabili e altre no? Quale archetipo della nostra anima vanno a toccare le vicende indelebili? Non dimentichiamo che Barbera ha firmato un libro intervista ai più importanti filosofi italiani (Idee viventi, Mimesis) e questo interesse non occasionale indubbiamente emerge.
Ora resterebbe da capire una cosa. Noi abbiamo esempi di ottima scrittura comparabili a quella di Barbera, per fare un nome: Marcello Simoni. Siamo due o tre spanne sopra il prodotto medio che importiamo dall'estero.
Non solo per inventiva ma anche e soprattutto per linguaggio, estremamente preciso (vi sfido a trovare inesattezze nelle descrizioni medievali di Simoni o nel lessico tecnico rinascimentale di Barbera). Questi esempi di grande professionalità andrebbero premiati e riconosciuti dalla critica.
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