I neuroscienziati dicono che la famosa «memoria involontaria» di Marcel Proust (quella suscitata dalla madeleine, per intenderci), proprio «involontaria» non era. Da grande scrittore, Proust se la sarebbe andata a cercare, per edificare nella Recherche la sua meravigliosa cattedrale del ricordo. In particolare, Emily Troscianko, ricercatrice al St. John's College di Oxford, parla di folk psychology, cioè delle aspettative di un comune profano in materia di psicologia formatesi sulla base delle esperienze quotidiane.
Ebbene, anche Ivan Doig (1939-2015) era uno scrittore molto «folk» e abbastanza «psychologist». E anche lui la sua «memoria involontaria» o parzialmente tale se la andava a cercare. Sentite qua: «Tutti conoscono il concetto noto come amnesia: una perdita parziale o totale della memoria. La mia condizione, per come ho cautamente esplorato, è meglio definibile come semplice mnesia: una protrazione del ricordo. I sogni scivolano nella mia memoria, in un modo che non sono in grado di regolare; per quanto posso descriverle, le mie esperienze oniriche diventano qualcosa come affreschi sulle innumerevoli pareti del cervello». E ancora: «l'infanzia è l'unica storia che resiste in ogni anima. Come l'ago di una bussola riconosce il Nord, è questo che mi attira in queste stanze piene di ricordi, quasi che la risposta di cui ho bisogno entro la fine di questa giornata sia scritta nella polvere che le ricopre».
La madeleine di Doig, nel romanzo da cui abbiamo tratto le citazioni, La stagione fischiettante (Nutrimenti, pagg. 348, euro 19, traduzione di Nicola Manuppelli), è un vecchio calendario che nel 1957 il Narratore vede nell'aula dove mezzo secolo prima lui era scolaro, insieme ad altri 35 bambini. Il calendario è di cinque anni prima, ma questo poco importa. Ciò che conta è il mese: ottobre. Perché fu nell'ottobre del 1909 che...
Dunque, registrate le puntigliose precisazioni dei neuroscienziati, e tornati un po' bambini, come Proust e come Doig, ora possiamo iniziare a leggere. Avendo cura di tenere a portata di mano tre concetti basilari: il tempo, l'infanzia, il sogno. Concetti peraltro sempre al centro dei libri dell'autore statunitense nato nel Montana, a White Sulphur Springs, una strada con ai lati due manciate di case e negozi, la classica provincia americana, il classico sapore di folk, direbbe la dottoressa Emily Troscianko. Un bambino che sogna indiani e rodei è il Donal Cameron di L'ultima corriera per la saggezza, e il suo tempo parla per bocca del suo io narrante di uomo anziano: «Quando si è giovani come lo ero io allora ogni genere di mondo o esistenza si spalanca alla periferia dell'immaginazione, e di solito lo si popola con le persone su cui si fa più affidamento». Un bambino che sogna di fare l'attore è il Russell «Rusty» Harry di Il racconto del barista, e il suo tempo parla per bocca del suo io narrante di uomo anziano: «Rusty - gli dice suo padre -, quello che so è che il tempo insegue le persone per acciuffarle e sto cercando di mantenere un po' di vantaggio». Un bambino che sogna di coltivare non la terra ma la cultura è il Paul Milliron di La stagione fischiettante, e il suo tempo parla per bocca del suo io narrante di uomo anziano: «La luce rembrandtiana della memoria è minuziosa, magica e fedele allo stesso tempo, come non lo sono mai le tinte più economiche della nostalgia».
Ma ciò che soprattutto e prima di tutto accomuna Donal, Russell e Paul è la mancanza della mamma. Le loro madri sono morte, e non per colpa del tempo. Donal la rivede nella nonna, Russell s'illude (e teme) di trovarne il surrogato in una taxi dancer, una di quelle ragazze (o ex ragazze) che ballano a pagamento nei locali, con gli avventori. E Paul...
Ecco, La stagione fischiettante inizia a fischiettare a Marias Coulee, immaginaria cittadina del Montana, in quel fatidico ottobre 1909, quando Oliver, il papà di Paul, di Damon e di Toby, legge un annuncio sul giornale. Titolo dell'annuncio: «NON SA CUCINARE MA NON MORDE». Chi c'è dietro quella battuta più autoironica che autopromozionale? Lei, la fischiettante, bellissima, dolcissima e coraggiosissima Rose Llewellyn, da Lowry Hill, Minneapolis. Vedova come Oliver, vuole rifarsi una vita e possibilmente cambiare aria, e si propone come donna di casa in tutto e per tutto, tranne che ai fornelli. Dopo breve cogitare, sfidando il dolore ancora intenso per la perdita della moglie e le malelingue, Oliver decide che per andare avanti gli occorre un aiuto. Paul, 13 anni, ha già la testa sulle spalle, ma ci vuole qualcuno che si occupi di Damon e di Toby, il minore. Rose non si presenta sola all'appuntamento: c'è anche suo fratello Morris Morgan. Anche lui, colto, simpatico, entusiasta, desidera voltare pagina, ed è disposto persino a fare lavoretti qui e là. Trovata una sistemazione ai due in casa di George e Rae, la zia dei ragazzi, dopo un po' il fato contribuisce a consolidare quella che già appare una famiglia allargata: la maestra della scuola monoclasse, la signorina Trent, scappa con un predicatore, ed è Morris, incaricato da Oliver, presidente del consiglio scolastico, a prenderne il posto.
Morris, baffoni a parte, somiglia molto al professor John Keating dell'Attimo fuggente. Affascina, responsabilizza e conquista tutti gli alunni, compreso il figlio di una sorta di orco ignorante e manesco. Sfruttando la potenza di questo personaggio che tornerà in altri due suoi romanzi ancora inediti in italiano, Work Song e Sweet Thunder, Doig dipinge numerosi quadri di una comunità rurale americana del primo Novecento che per trarre di che vivere da quelle terre aride da poco colonizzate si aggrappa a un gigante buono, il canale detto Big Ditch.
Tra una lezione e l'altra, una gara a cavallo cavalcando al contrario come facevano i nativi e l'amore mascherato da odio per la compagna di banco, l'affetto quasi filiale per Rose e l'attesa della cometa di Halley (che si porterà via, dopo averne annunciato la nascita 75 anni prima, lo scrittore preferito da Oliver - e da Doig - cioè Mark Twain), in un anno di formazione Paul trova in Morris un vero maestro di vita del quale si fida ciecamente. Almeno fino al risvolto giallo del finale, quando dal passato di Morris e di Rose emerge una scomodissima verità.
E ora, nel 1957, sessantenne sovrintendente della pubblica istruzione del Montana al quale è stato chiesto di decretare «la condanna a morte delle scuole monoclasse», dopo un'intera giornata trascorsa a ricordare (e a scrivere per
mano di Ivan Doig) tutte le note di quella Stagione fischiettante, Paul lascia Marias Coulee e torna in un'altra America a lui estranea e ostile. Quella che si vergogna del New Deal e che pensa a un nuovo ordine mondiale.
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