Quell'accusa di istigazione al delitto: la storia (vera) di "The Girl from Plainville"

La vicenda mediatica e giudiziaria di Michelle, giovane accusata di aver spinto al suicidio un coetaneo, rivive su StarzPlay in una serie dal grande appeal

Quell'accusa di istigazione al delitto: la storia (vera) di "The Girl from Plainville"

Nel 2015 è scoppiato un vero e proprio caso mediato negli Stati Uniti d’America che, non solo ha infiammato le aule di tribunale, ma allo stesso tempo ha diviso in due l’opinione pubblica. La morte del giovane Conrad Joy, avvenuta per inalazioni di monossido di carbonio, all’inizio è stata bollata come un "semplice" suicidio. Poi le autorità del Massachusetts hanno scavato a fondo sulla questione, facendo emergere un quadro ben più complesso e torbido. Il ragazzo sarebbe stato spinto al suicido da Michelle Carter, sua coetanea, con la quale ha intrattenuto un fitto scambio di messaggio per oltre tre anni. Il caso diventa una miniserie tv dal titolo The Girl from Planville che, con uno sguardo schietto e sincero, cerca di sbrogliare il nodo alla matassa attorno alla morte di Conrad e attorno alla battaglia giudiziaria (conclusasi nel 2019), raccontando la storia di due anime sole e derelitte che si sono lasciate fagocitare dai problemi dell’età adulta.

Sono 8 gli episodi di The Girl from Plainville che, tutte le domeniche, arrivano sulla piattaforma streaming di StarzPlay, uno dei nuovi colossi a pagamento che da qualche tempo sta proponendo serie tv di grande spessore che non deludono le aspettative. La miniserie disponibile da domenica 10 luglio si unisce ai successi di Power– saga malavitosa sull’èlite di New York -, a Gaslit – drama storico sullo scandalo Watergate – e a Becoming Elizabeth – che racconta la nascita di Elisabetta I. Come quelle elencate, anche The Girl from Plainville ha tanto da raccontare e sicuramente riuscirà a farsi strada tra il pubblico. Perché è da vedere assolutamente? Regala un ottimo spunto di riflessione sulla fragilità emotiva dei giovani e sulle inside dei social network.

L'amore platonico sfocia in tragedia

Il primo episodio è una disanima articolata di uno stato d’animo. Sofferenza. È questa la sensazione che trasmesse The Girl from Plainville. La sofferenza di una madre separata che scopre di aver perso suo figlio, la sofferenza di un padre che perde definitivamente il legame con la sua famiglia, e la sofferenza di una morte improvvisa che non ha nessuna motivazione apparente. Conrad è stato trovato morto in un parcheggio, dopo aver inalato del monossido di carbonio. La polizia crede che si tratti di suicido ma, analizzando i tabulati telefonici, si scopre un vero e proprio Vaso di Pandora.

Da tre anni, Conrad ha intrattenuto una relazione a distanza con una ragazza di Plainville. Il giovane ha affidato a Michelle Carter (Elle Fanning) tutti i suoi segreti più oscuri e un peso che opprimeva il suo cuore. Un rapporto che è sfociato in una relazione platonica e a distanza tra due ragazzi che sono in fuga dalla vita vera. Dalle prime indagini emergono verità sconcertanti. A quanto pare, sarebbe stata proprio Michelle a spingere Conrad al suicidio. Per la ragazza inizia un lungo calvario legale e mediatico. Il caso diventa di interesse pubblico, tanto da uscire dalle aule di tribunale. A raccontare per primo la verità dietro la morte di Conrad è stato Jesse Barron, pubblicando un articolo-inchiesta su Esquire che a sua volta ha ispirato la serie tv di StarzPlay.

Come la realtà diventa fiction

Romanzare un fatto di cronaca realmente accaduto non è facile. E in tv, di recente, sono tante le serie che hanno tentato questo approccio. Come Inventing Anna per Netflix oppure come The Dropout per Disney+. Quasi tutte le fiction ispirate a storie vere cercano sempre di romanzare il fatto di cronaca, prendendo le difese e una presa di posizione ben precisa. Con The Girl from Plainville non accade niente di tutto questo. Si parte dalla morte di Conrad e si prosegue con la disanima del caso, analizzando il motivo per il quale il giovane si sarebbe spinto fino a questo punto. Ciò che ne emerge è un ritratto brutale e disinibito dei giovani di oggi. Proprio quando i social network stavano per conquistare la loro egemonia, la serie si sofferma nel tratteggiare il mondo dei teen con uno sguardo schietto e sincero, fotografando una generazione complessata, in balia di se stessa, quasi consapevole di non potersi fare strada in un mondo che chiede sempre di più. Oltretutto, si pone l’attenzione anche sulla fragilità emotiva dei più giovani e quanto la loro sanità mentale sia fragile. In un racconto tetro e asfissiante, The Girl from Plainville esalta il lato oscuro dell’universo adolescenziale.

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Elle Fanning torna in tv

Al centro della vicenda c’è una donna, sobillata dalla sua malattia mentale e dalla voglia di sentirsi amata. Elle Fanning torna a indossare i panni di un’adolescente in ruolo estremamente emotivo che convince fin dalla prima scena. Lanciatissima nel mercato televisivo di oggi, l’attrice ha sempre interpretato ruolo forti e con diverse sfaccettature. Ad esempio, la ricordiamo in nei due film di Maleficent in una rilettura gotica del mito de La Bella Addormentata. E come non menzionare The Great – serie di Starz – in cui ha reinventato il mito di Caterina la grande. In The Girl from Plainville è l’indiscussa protagonista di un dramma umano complesso che sembra essere costruito sulle sue solide spalle.

Cronaca di un successo annunciato?

Traspare questo e molto altro alla visione del primo episodio. La miniserie è curata dal punto di vista registico, da un ottimo cast e, soprattutto, da una sceneggiatura molto asciutta che non si perde in giri di parole. Fa rumore non tanto per la trama in sé ma proprio per il fatto di alzare il velo su una vicenda giudiziaria che, all’interno della società americana, ha aperto un lungo dibattito che ha sfiorato anche le cariche politiche e istituzionali.

Cosa è accaduto veramente nel 2015

All’età di 18 anni, Michelle Carter è stata formalmente accusa di omicidio colposo. Le prove hanno riportato di un fitto scambio di messaggi tra l’accusato e la vittima durato ben tre anni. Si contano oltre mille messaggi nei quali si legge molto chiaramente un "incitamento al suicidio". Oltre a questo, nel febbraio del 2015, è stata formulata anche un’altra accusa ai danni della giovane, ovvero quella di omissione di soccorso e di non aver "avvisato i familiari" di quanto stava per accadere. Di quei mille messaggi solo alcuni sono stati resi noti, ma sono bastati per formulare i tre capi di accusa. Michelle, ovviamente, si è sempre dichiarata innocente e ha potuto contare su una buona difesa che ha cercato di smontare il reato.

Un’accusa di "involuntary manslaughter"

Michelle, di fatto, tra buona condotta e sconti della pena, non ha subito una lunga detenzione. Ha scontato comunque la sua pena perché, tra le tante accuse mosse al suo carico, la pubblica accusa si è appellata a un ordinamento molto particolare della legge americana. Come il reato di involontary manslaughter, tipico del diritto nord americano che per definizione si avvicina all’omicidio colposo di secondo grado secondo il codice penale italiano.

Le motivazioni sono state lette di fronte al gran giurì, rivelando che Michelle è stata la causa della morte di Conrad, "aiutandolo smodatamente e incautamente ad avvelenarsi con monossido di carbonio". Il 23 gennaio del 2020 è stata rilasciata su buona condotta. Dalle accuse alla condanna, Michelle Carter ha scontato solo 15 mesi di carcere.

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