Cultura e Spettacoli

Razza, popolo, delitti. "Questa tempesta" di James Ellroy spazza via le banalità

1942, gli Usa sprofondano nella paranoia anti giapponese. E qualcuno ci guadagna...

Razza, popolo, delitti. "Questa tempesta" di James Ellroy spazza via le banalità

Pensate forse che il popolo sia migliore di chi lo governa? Quando accendete la televisione sui programmi del pomeriggio o leggete un magazine avete la tentazione di distinguere il mondo delle celebrità, fondato sulla marchetta, da quello dei veri lavoratori, fondato sulla virtù e sulla onesta fatica? Credete che il Male, nella Storia, proceda sempre dall'alto verso il basso, da chi comanda a chi è costretto a ingozzarsi di propaganda ingannevole per mancanza di alternative?

Ecco, è arrivato James Ellroy con un messaggio per voi: non illudetevi, anche il pueblo è ipocrita, perverso e criminale. Al massimo può astenersi dal nuocere al prossimo, per paura di essere beccato. Se è ragionevolmente sicuro di farla franca, allora voi, i buoni, è meglio che ve la filiate a gambe levate. Ma poi: siete sicuri di essere i buoni? Chiunque, passato al microscopio, o intercettato mentre chiacchiera con l'amante, si rivela una carogna, almeno un po'...

Forte di questa convinzione, da integrarsi con l'epigrafe di (udite, udite) «Benito il duce Mussolini» («Solo il sangue muove le ruote della storia»), Ellroy si getta a capofitto in Questa tempesta, il secondo capitolo del secondo Quartetto di Los Angeles, iniziato con Perfidia nel 2015. Coordinate temporali della intera saga: si parte dall'inizio degli anni Quaranta e si arriva all'epoca della Dalia nera, che inaugurava il primo Quartetto (con il celebre assassinio di Elizabeth Short, nota appunto come la Dalia nera, 1947; la prima tetralogia proseguiva fino al 1958 con Il grande nulla, L.A. Confidential e White Jazz). Questa tempesta, in particolare, si svolge tra il 31 dicembre 1941 e il maggio del 1942. Cast: molti personaggi fanno già parte dello show di Ellroy, da Dudley Smith e Bill Parker a Kay Lake e Claire De Haven, drogata e radical chic. Le comparse sono quasi infinite; tra i figuranti, il più spassoso (e inquietante) è l'attore Orson Welles. Trama: ce ne sono almeno tre o quattro fondamentali e riguardano il traffico di braccianti e droga tra Stati Uniti e Messico; un duplice omicidio nel dipartimento della polizia di Los Angeles; un cadavere misterioso che sbuca in una zona devastata da un incendio; un carico d'oro. Al lettore districarsi e capire quale sia il legame tra una vicenda e l'altra. Sono 864 pagine, edite da Einaudi (euro 24), preparatevi a spendere le prime 200 per familiarizzare con nomi, luoghi e avvenimenti pregressi.

Ne vale la pena? Sì, anche se il romanzo non ha accontentato tutti, neppure i fedelissimi di Ellroy. Caotico e un po' manieristico sono le due critiche ricorrenti. Sul caos, abbiamo già detto. Sul manierismo, si può anche essere d'accordo ma Ellroy non è un novellino, ha inventato uno stile ed è comprensibile si possa ripetere. Basta ricordarsi che è inimitabile, infatti chi ci ha provato si è sbriciolato le ossa. Il manierismo si ferma qui. Per il resto, come Perfidia, Questa tempesta è molto diverso dall'Ellroy che abbiamo conosciuto fino a ora. Il giallo e il crimine da tempo non sono il cuore dei libri dello scrittore statunitense (ammesso che lo siano mai stati, infilare Ellroy nella letteratura di genere non ha molto senso). Qui ancora meno. Quello che conta è l'affresco complessivo. Dopo Pearl Harbour, gli Usa sprofondano nella paranoia e nel razzismo anti-giapponese, fino a organizzare campi di detenzione per la Quinta colonna in cui sono arruolati tutti gli immigrati. Ma non è che i giapponesi non siano razzisti, anzi, sono anche peggio degli americani. Hitler è un bastardo ma non è che Roosevelt sia candido e immacolato. I nazisti sono di una brutalità intollerabile ma non è che gli Stati Uniti usino i guanti di velluto. Chiariamo: non che ci siano dubbi su chi fosse dalla parte giusta (gli Stati Uniti) e chi dalla parte sbagliata. Però Ellroy non si perde nella retorica e assesta una serie di cazzotti micidiali al politicamente corretto.

La selva di personaggi, non tutti approfonditi, si spiega anche così: è l'insieme che conta, non le singole vicende. Inoltre, questa caratteristica spalanca la porta a un altro tema al quale abbiamo già accennato. L'Ellroy di American Tabloid mostrava la corruzione e i complotti del potere. L'Ellroy di Questa tempesta spazza via ogni tentazione di idealizzare il popolo, la gente normale, i passacarte, i nostri vicini di casa e noi stessi. Ed eccoci qui, tra le mani abbiamo un romanzo, iniziato chissà quando, singolarmente sintonizzato sul presente. Non ci fa la morale, non ci insegna a vivere, non spreca tempo in prediche. Si limita a metterci sotto il naso la realtà.

Non ha un buon odore.

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