Lo strazio del padre di Michele Merlo: "Era un'anima buona. Sulla sua morte troppe ombre"

Dolore, sconforto e rabbia, ma anche ricordi di un'infanzia felice. Domenico Merlo, il padre di Mike Bird, ha parlato al Corriere svelando particolari inediti degli ultimi giorni di vita del figlio

Lo strazio del padre di Michele Merlo: "Era un'anima buona. Sulla sua morte troppe ombre"

"Avrà avuto otto anni: lui con la chitarra in mano. Già allora si capiva che l'arte gli scorreva nel sangue. Cantava, suonava, componeva poesie, dipingeva dei bellissimi quadri. Michele però ha sempre avuto una marcia in più". Domenico Merlo vuole ricordare così suo figlio Michele, a poche ore dalla morte improvvisata causata da una leucemia fulminante. Ricordi di una vita felice, piena di passioni e aspettative, che si è interrotta troppo presto. A soli 28 anni.

Michele Merlo, per tutti Mike Bird, aveva un sogno: sfondare nel mondo della musica e X Factor prima e Amici di Maria De Filippi erano riusciti a farlo emergere come promettente cantautore. "Mi diceva: 'Papà, vedrai che ce la faccio a sfondare'", ha raccontato al Corriere del Veneto il padre dell'ex talento di Amici. Lui era pronto a uscire con il suo terzo album e un nuovo inedito già registrato. "Sono sicuro che sarebbe riuscito a sfondare. Anzi, ci riuscirà, perché attraverso la sua arte Michele continua a esistere", ha detto con voce rotta dal dolore Domenico Merlo.

Era un'anima buona, ha raccontato ancora il padre. Appassionato di arti marziali, sport e musica. Ma anche poesia e arte. Era andato a stare da solo a Bassano e amava la sua indipendenza. La televisione non lo aveva cambiato, assicura Domenico Merlo, ma gli aveva lasciato quegli attacchi di panico che lui aveva descritto nelle sue canzoni, nel suo primo romanzo e mostrato, senza paura, sui social network. "Era un'anima buona ma non si piegava ad alcun compromesso. Come quella volta che litigò con Morgan in tivù e disse alla De Filippi: 'O se ne va lui, o me ne vado io'. Toccò a Morgan fare i bagagli".

L'inchiesta dell'Asl sul mancato ricovero: "Ci sono troppe ombre"

Rimane la rabbia e il dolore, fortissimi, per quanto successo in pronto soccorso all'ospedale di Vergato, dove Michele era andato in preda a dolori lancinanti a gola e testa mercoledì scorso. I sanitari lo avevano rimandato a casa con un referto poco, chiaro che parlava di un virus stagionale. "Intasa il pronto soccorso per due placche", gli sarebbe stato detto. Poi il dramma consumatosi giovedì sera a casa della famiglia della sua fidanzata, Luna. Michele è confuso, ha le convulsioni e perde conoscenza. I sanitari del 118, allertati dal padre della fidanzata, sono intervenuti trasportandolo all'ospedale Maggiore di Bologna, dove è stato sottoposto all'intervento chirurgico per ridurre l'emorragia cerebrale che però non gli ha dato scampo.

L'Ausl di Bologna ha aperto un'inchiesta per verificare se ci siano state negligenze da parte del personale sanitario quando Michele Merlo si presentò in pronto soccorso la prima volta, mercoledì scorso. I genitori di Michele voglio la verità: "Ci sono molte ombre in ciò che è accaduto a mio figlio. Lui si è presentato in ospedale, stava male ma l’hanno rimbalzato. Si è presentato da solo perché il mal di gola persisteva, il sangue gli usciva dal naso, aveva mal di testa. Gli hanno risposto che non poteva intasare il pronto soccorso, e l’hanno mandato via prescrivendogli un antibiotico". Superficialità? Disattenzione? Dubbi ai quali ora l'indagine dell'Ausl dovrà dare spiegazione. Ma intanto la Procura e gli investigatori sono già all'opera: "Voglio sia fatta chiarezza e l'abbiamo già chiesto agli investigatori: il suo corpo è qui, a disposizione della magistratura che spero faccia tutto ciò che occorre per capire cos’è accaduto e se ci sono eventuali responsabilità. Michele era il nostro unico figlio, io e mia moglie abbiamo bisogno di sapere se tutto questo dolore si poteva evitare".

Oggi, l'unica consolazione che rimane ai genitori di

Michele, Katia e Domenico, è che lui continuerà ad esistere attraverso la sua arte e la musica. Questo li tiene in vita, hanno raccontato al Corriere, oltre alla ricerca della verità su una morte troppo assurda da accettare.

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