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Tutta la solitudine di "Imagine": la vera storia del brano-simbolo

Fra utopia e nichilismo, un saggio fa luce sulla nascita dell'"inno" dell'ex Beatles. E sul ruolo cruciale di Yoko Ono (oltre i pregiudizi)

Tutta la solitudine di "Imagine": la vera storia del brano-simbolo

Inno pacifista, utopia progressista, distopia nichilista, sogno di un futuro migliore, specchio di un presente di solitudine dietro allo scintillare del consumismo, ballata così zuccherosa da far venire il diabete, delicato capolavoro di intimismo... Pochi brani hanno diviso gli ascoltatori quanto Imagine di John Lennon, colonna sonora di ogni «giorno dopo»: il giorno dopo Charlie Hebdo, il giorno dopo il Bataclan, il giorno dopo Nizza qualcuno suonava Imagine per le strade e i media utilizzavano il brano come colonna sonora dei servizi più toccanti (che fossero toccanti si capiva appunto dalla colonna sonora).

Innanzi tutto un po' di storia. Per questo, e per molto altro, c'è la nuova edizione di Imagine. Utopia o nichilismo? (La Vela) di David Nieri. Il saggio, molto ben scritto, ricostruisce la nascita della canzone, e ne dà una interpretazione, netta e argomentata, che pende verso la risposta «nichilismo». Chi era John Lennon nel 1971? Il marito di Yoko Ono, verrebbe da rispondere. In quel periodo, Yoko si costruiva una carriera solista in nulla inferiore (anzi) a quella di John. Inoltre proseguiva il suo viaggio nell'arte, e Yoko era (prima di conoscere John) ed è (oggi) un personaggio di assoluto rilievo. I fan duri e puri dei Beatles saranno inorriditi nel leggere queste parole. Li invitiamo a leggere il bellissimo Yoko Ono. Dichiarazioni d'amore per una donna circondata d'odio di Matteo B. Bianchi (Add editore). Forse guarderanno con occhio diverso a Yoko, protagonista, in una recente Biennale di Venezia, di una piccola mostra, tanto modesta all'apparenza, quasi invisibile, quanto grandiosa (e divertente, il che non guasta) nella sostanza.

Imagine non si può capire senza aver sfogliato il libro di Yoko Ono intitolato Grapefruit, uscito in cinquecento copie auto-pubblicate. La poesia Cloud Piece dice: «Imagine the clouds dripping. / Dig a hole in your garden to / Put them in» (Immagina che le nuvole cadano a gocce, scava un buco in giardino per metterle al sicuro). Poi c'è la versione di John o meglio le versioni. Numero uno: è una specie di «Manifesto del partito comunista messo in musica». Numero due: è ispirata a un libro di preghiere cristiane, che diceva più o meno «Se puoi immaginare un mondo pacificato, allora può essere vero». Lennon non si è limitato a due versioni. Saranno una trentina. Ecco comunque il giudizio d'autore: «È contro la religione, contro il nazionalismo, contro le convenzioni... ma siccome è zuccherosa, è accettata». Una canzone contro la religione eseguita davanti al Papa. Le contraddizioni sarebbero infinite, come gli aneddoti.

Nieri lascia da parte gli aneddoti e propone una lettura forte. Quel mondo senza religione, senza proprietà, senza nazioni, senza differenze, in cui non c'è nulla di degno per cui morire non sarà, alla fine dei conti, un incubo? Annientate le radici, abolita la fede, questo mondo di uguali rotolerà presto in direzione di un globalismo sorretto dall'ideologia del politicamente corretto come nuova forma di pensiero unico. Quanta solitudine si cela dietro alla mancata appartenenza a qualcosa che trascenda l'individuo?

Il Lennon del 1971 era un uomo in crisi. Aveva sperimentato la teoria dell'urlo primordiale dello psichiatra Arthur Janov, un regresso fino al trauma dei traumi, la nascita. Ne aveva tirato fuori un grande disco, Plastic Ono Band, molto intimista. Musicalmente, però, si sentiva in competizione con gli altri (ex) Beatles. Nel 1970, George Harrison aveva sfornato un fenomenale triplo album, All Things Must Pass. Paul McCartney pubblicava dischi accolti male dai critici ma baciati dal successo. Ringo Starr, sul quale nessuno avrebbe puntato un centesimo, se la cavava piuttosto bene. Lennon voleva fare qualcosa di universale, che lo tirasse fuori da un'apparente crisi creativa, dovuta anche all'abuso di stupefacenti e a una complicata disintossicazione. Dopo Imagine, John diventa un attivista a tutti gli effetti, si lascia coinvolgere in mille cause. Dopo qualche disco non perfettamente riuscito, e un lost weekend di 14 mesi vissuti lontano da Yoko, Lennon si chiude nel silenzio musicale per cinque anni. Siamo nel 1975 e Lennon si direbbe un uomo disilluso, lieto di occuparsi del figlio Sean. Nel 1980, ecco Double Fantasy, un album a metà con Yoko. L'attivista è scomparso. È tornato il cantautore di Plastic Ono Band, con una consapevolezza tutta diversa. Il cambiamento è sottolineato da Lennon con un giochetto ben riuscito. Un trillo di campanelli giapponesi apre Double Fantasy. Una campana a morte apriva la monumentale ma funerea Mother di Plastic Ono Band. Quando esce Double Fantasy, Lennon ha già pronto il seguito, Milk and Honey. Ma uscirà postumo perché Mark Chapman uccide l'artista a New York.

È l'8 dicembre 1980.

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