Un viaggio nella Grecia distrutta da "Pólemos"

Sparta e Atene, due mondi diversi. Per breve tempo alleati contro l'Impero persiano e poi... E poi l'una contro l'altra armate nella Guerra del Peloponneso

Un viaggio nella Grecia distrutta da "Pólemos"

Sparta e Atene, due mondi diversi. Per breve tempo alleati contro l'Impero persiano e poi... E poi l'una contro l'altra armate nella Guerra del Peloponneso (dal 431 al 404 a.C.). La guerra delle guerre, quella raccontata da Tucidide, che ha posto fine alla civiltà greca classica. E che ancora oggi ci porta ad interrogarci sui due modelli culturali che si scontrarono: l'egalitarismo spartano e il mercantilismo ateniese, la città militarista e terrestre e quella orientata sui mari ma la cui democrazia ha un costo che pagano sempre gli altri. Uno scontro di civiltà tutto interno alla culla culturale dell'Occidente che ha portato ad infiniti paragoni, rielaborazioni...

Ora potete vederlo rivivere in maniera affatto nuova nel romanzo Pólemos (Giunti, pagg. 414, euro 18) di Gianfrancesco Turano. Turano è giornalista d'inchiesta ma ha una formazione classica coltivata nella facoltà di Lettere della Statale di Milano, nel libro si respira tutta. La guerra diventa uno sfondo in cui si muovono tre personaggi, i cui destini si incrociano, e che finiscono per riassumere tutta la grecità. C'è Mirrina, una ragazza ateniese assetata di vendetta. Per vendicare il padre ucciso dagli spartani ha osato troppo ed è stata catturata. È finita tra i lacedemoni che la disgustano per rozzezza e povertà, nonostante la loro prestanza e l'invidiabile libertà delle donne. Riesce, però, a fuggire, travestita da uomo, per tornare verso Atene devastata dalla peste. Ma la nave spartana su cui si è imbarcata come flautista, ironia del destino, finisce proprio nelle grinfie delle trireme degli attici. Incontrerà poi Procle, spartano che vorrebbe essere il membro ideale di quest'élite guerriera, ma si porta addosso lo stigma delle sue origini. Poi ecco Milone, aristocratico per nascita ma democratico per volontà, in cerca di fama e gloria da commediografo (non ci fosse il maledetto Aristofane!).

Nella sciarada sanguinaria di un mondo che si autodistrugge questi e altri personaggi, con fatica, troveranno un momento di precaria gioia e pace alla faccia di Pólemos, dio che distrugge ciò che ama. Memorabile amaro lieto fine di un romanzo in cui la capacità, dell'autore, di ricostruire un mondo è davvero stupefacente.

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