Cultura e Spettacoli

Il viaggio, il politicamente corretto, la "boccata d’aria": Aldo Baglio si racconta

Le riflessioni dell’attore, al cinema con “Una boccata d’aria”: “L’indipendenza è una sorta di terapia, mi fa stare bene”

Il viaggio, il politicamente corretto, la "boccata d’aria": Aldo Baglio si racconta Esclusiva

Un uomo tormentato dai debiti e un po’ autoritario, destinato a ritrovare sé stesso. Seconda esperienza da “solista” per Aldo Baglio in “Una boccata d’aria” (in sala con 01 Distribution), film di Alessio Lauria con un cast di altissimo livello: tra gli altri Lucia Ocone, Giovanni Calcagno, Ludovica Martino e Davide Calgaro.

L’indipendenza è un piacere, spiega Aldo, perché consente di intraprendere un viaggio personale. Non si smette mai di imparare, ammette con il sorriso sulle labbra. E sul politicamente corretto ha le idee abbastanza chiare, come l’amico e collega GiovannI Storti: un po’ ha stancato. Ma niente polemiche, sia chiaro: l'importante è arrivare al cuore del pubblico. E lui ci riesce, sempre.

Salvo, il suo personaggio, è protagonista di un lungo viaggio…

“Salvo tiene nascoste alla famiglia delle cose importanti, come un debito contratto per salvare la sua pizzeria. Ha fatto delle operazioni per allargarsi, ma non sono andate a buon fine. È un personaggio che cerca di risolvere la situazione, ma si va ad impantanare sempre di più. La morte del padre ‘offre’ un’eredità, ma lui ha chiuso i ponti con il passato. Torna in Sicilia, riaprendo un cassetto ormai seppellito… Insomma, vive in disarmonia con tutto quello che gli sta vicino”.

È un ruolo non privo di vene malinconiche…

“Mi porto dietro quello che ho imparato. Questo personaggio non è stato scritto per fare battute dall’inizio alla fine, ma per creare una storia. Questa avventura mi è piaciuta molto e sono pronto a rifarla. Il percorso individuale è anche un po’ terapeutico: si scava per cercare delle cose. Salvo è un personaggio che si porta dietro qualcosa del Trio, ma è diverso. Vado sempre a cercare le emozioni: in questo vestito mi sono ritrovato pienamente”.

In “Una boccata d’aria” c’è anche la riscoperta dei rapporti familiari, che è quello che è successo a molti dopo questa pandemia…

“Io sono partito dalla famiglia. Ho una moglie e due figli grandi, come nel film. I rapporti sono scavati da questo periodo storico, che ha portato in isolamento tanti ragazzi. C’è l’intento di cercare di rimettere insieme le cose. Ma anche senza la pandemia il film avrebbe retto lo stesso. Il problema di oggi è che i ragazzi non escono di casa, rimangono chiusi, hanno paura di uscire. Non riescono a socializzare, perché il mondo è diventato tutto virtuale. Ci si parla tramite chat, affrontare le persone vere è difficile per i giovani: davanti a un computer è tutto più facile”.

Un ruolo drammatico lo esclude? Penso anche alla sua partecipazione a “Baaria”…

“Ho voglia di scoprire il mio lato individuale. E lo posso fare solo partendo dalla scrittura, cercando di essere completamente coinvolto in un film. Scrivere ti prepara a capire come interpretare un personaggio, anche se sul set le cose possono cambiare. L’ultima sceneggiatura è sul set, del resto. Il gioco è quello: riuscire a fare dei film che siano terapeutici per me. Posso capire se ho qualcosa da raccontare solo mettendomi alla prova”.

Uno dei grandi pregi del film è la grande alchimia tra gli interpreti…

“Mi sono sentito immerso in uno scudo protettivo. Lucia Ocone mi ha dato tutto quello che poteva darmi, l’ho sentita vera. Giovanni Calcagno, un grandissimo attore, è praticamente diventato un fratello nella vita: una persona eccezionale. Un cast bellissimo, mi sono proprio divertito: un’atmosfera che vorrei ripetere”.

Giunto a questo punto della sua carriera, ha capito qual è il segreto del successo?

“Penso che sia un mistero. Ci provi, ci provi, poi scopri che alla gente piace. Alle persone piace divertirsi con noi. E’ una magia, ma non ne sei consapevole. Non ho proprio idea quale sia questo segreto, sinceramente…”.

Gli sketch del Trio sono amati da ogni generazione, a partire dai millennials…

“E chi poteva prevederlo? Nessuno”.

Giovanni Storti ha affermato che certi vostri sketch oggi non si potrebbero più fare a causa del politicamente corretto. Lei che ne pensa?

“Per me sono tutte cacate (ride, ndr). Possono dire quello che vogliono. Non si può dire questo, non si può dire quello, è tutto scorretto… Non mi interessano queste cose. A me interessa cosa dice il pubblico, non la voce fuori dal coro. L’importante è non offendere nessuno, sia chiaro, ma a volte ho l’impressione che si sia tornati ai tempi della censura. Penso a ‘Una boccata d’aria’: c’è il mio fratellino di 10 anni, Lillo, che mi ruba una sigaretta. Questa cosa non si può fare, no, assolutamente. Ma quella scena serve solo a raccontare un periodo, mica è un invito a fare fumare i ragazzini! Adesso cercheranno di bloccare le parolacce e le cose che possono offendere… Ma Checco Zalone avrebbe potuto fare il suo primo film con il politicamente corretto? Tanti si sono divertiti e non c’è traccia di razzismo o discriminazione. C’è solo la voglia di raccontare qualcosa con lo spirito libero“.

Lei tifa Inter e Monza. Da una parte, il ritorno di Lukaku. Dall’altra, il mercato faraonico di Berlusconi e Galliani…

“Il Monza ha già vinto la Champions League con la promozione in Serie A. Il suo obiettivo è rimanerci più tempo possibile. L’obiettivo dell’Inter, invece, è vincere il campionato e, se possibile, la Champions League. Quando si affronteranno Inter e Monza, chiederò al Monza di dare i tre punti all’Inter (ride, ndr). Poi può vincere con tutte le altre squadre, sia chiaro”.

In questi giorni è sul set del nuovo film del Trio (in sala a Natale 2022, ndr), ha altri progetti in agenda?

“Vorrei fare un altro film da solo: ‘Una boccata d’aria’ è piaciuto e ho la possibilità di farne un altro. Questo viaggio in solitaria mi interessa. Vorrei realizzare delle cose che mi piacciano, che partano dalla mia persona, che mi facciano crescere.

Penso di poter fare delle cose diverse rispetto a prima: questa indipendenza è una sorta di terapia, mi fa stare bene”.

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