Lo «Spirito con la scure» colpisce ancora

«Magia Indiana» segna un appuntamento storico per un personaggio considerato da sempre l’alternativa a Tex Willer

La foresta è una terra di confine della fantasia. Qui tutto può accadere. Le carte di un tempo hanno raccontato che Darkwood è una macchia scura tra la Pennsylvania, il Maryland e la West Virginia. È al centro di questo triangolo che l’uomo che si fa chiamare Guido Nolitta l’ha immaginata nel 1961. È qui che vive un uomo bianco cresciuto con i selvaggi. Il suo vero nome è Patrick Wilding, ma nella lingua degli indiani Algonquini lui è Za-gor-te-nay, lo spirito con la scure. È molto alto, con un fisico scolpito, ha una pistola alla fondina e una strana scure che al posto della lama ha un sasso levigato. Zagor è l’altra faccia del fumetto italiano. È uno scarto di fantasia. È la fuga di un figlio dal padre. È Tex che ha letto Freud e si lascia sedurre dall’inconscio e sa che ci sono più cose in cielo e in terra di quanto la nostra filosofia possa comprendere. È Sergio Bonelli che si nasconde sotto uno pseudonimo per ridere all’ombra di un padre tutto di un pezzo, uno che ha la giustizia nel sangue e i piedi per terra, ma qualche volta si prende troppo sul serio.
Sono passati 46 anni e Zagor ha collezionato 500 avventure. Il prossimo numero, quello di marzo, è come vuole la tradizione tutto a colori. Nella notte della cinquecentesima luna, un crudele avversario sconfitto da Zagor in un lontano passato, e creduto morto, torna per vendicarsi. Si fa annunciare dal segno della lancia spezzata, il simbolo della vendetta. Il titolo è Magia indiana. La matita è di Gallieno Ferri, l’uomo che ha disegnato oltre diciannovemila tavole dello spirito con la scure. Lo sceneggiatore è quel Moreno Burattini a cui si deve lo storico incontro tra Zagor e Alexis de Tocqueville. È una consacrazione. Il numero 100 (Il mio amico Guitar Jim) ha la firma di Nolitta. Il 200 (Tesoro maledetto) nasconde tutti gli incubi di Tiziano Sclavi, il futuro Dylan Dog. Il 300 (La corsa delle sette frecce) è di Marcello Toninelli, l’uomo che ha gestito l’evoluzione di Zagor nel post-Nolitta. Il 400 (Il ponte dell’arcobaleno) ha i colori di Mauro Boselli, padre di Dampyr. Questi nomi raccontano una piccola verità: la saga degli eroi bonelliani è figlia della fantasia di Zagor e solo lontana parente del realismo di Tex.
La foresta di Darkwood è un non luogo del fumetto, un buco nero dove tutti i generi si mescolano come in Helzapoppin. I personaggi più assurdi e surreali entrano ed escono da questo metamondo dove tutto è possibile. Entrano marziani, saltimbanchi, eroi perduti di pagine salgariane, licantropi e filosofi, donne da operetta e maschere dei B-Movie hollywoodiani. Zagor non ha confini. Le sue avventure lo portano ai tropici o al Polo Nord. Zagor è mistico e orientale, ma si porta dietro la comicità dell’epica eroicomica e Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales ha lo stesso radicale disincanto di Sancho Panza. I suoi nemici si chiamano Kandrax il druido, il barone Rakosi, improbabile vampiro, lo scienziato Hellingen, padre di tutte le follie eugenetiche. Zagor è l’America che ancora non si conosce.

La sua frontiera non è quella del West, non è la marcia dei pionieri al di là degli Appalachi, non è la guerra di secessione e il secondo Ottocento. È il cuore di tenebra ai confini della civiltà. È l’anima magica, antica, che sa di terra, di boschi e di natura.

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