Chi è Daria Kasatkina, la tennista che sfida la Russia sui diritti gay

Con il suo coming out Daria Kasatkina, n° 12 del rannking WTO, denuncia le intimidazioni della Duma

La Kasaktina al servizio
La Kasaktina al servizio

C’è una canzone di qualche anno fa con un ritornello che incalza deciso: “Ci vuole tanto coraggio ad avere coraggio”. A lei certo non fa difetto, ma il sorriso che si allarga quando decide di aprirsi al mondo è velato da un pensiero opprimente. Perché in fondo, molto prima di essere la tennista più importante dell’intera Russia, Daria Kasatkina è una semplice ragazza di venticinque anni intenta a fare la cosa più naturale del mondo: parlare liberamente del suo amore per un’altra persona.

Solo che anche un gesto istintivo diventa intricato quando la terra in cui sei nata prova ad addomesticare i sentimenti. La Duma, con un carpiato che inabissa verso un passato solo all’apparenza dissolto, ha appena approvato come misura urgente una nuova legge che proibisce e punisce “qualunque informazione che neghi i valori familiari e promuova relazioni sessuali non tradizionali”. L’obiettivo, si dichiara, è quello di "comprimere la propaganda gay". Parlare liberamente della propria omosessualità – è la protervia degli improvvisati censori contemporanei – non è soltanto un atto impudente. Diventa un reato.

Ecco perché quando dalle labbra di Daria esce il nome di Natalia Zabiiako, la sua compagna, la gioia per un coming out a lungo atteso viene incrinata da preoccupazioni stranianti, fetide, inaccettabili. Come quella di non poter mettere più piede in Russia per il solo fatto di amare la pattinatrice estone, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Pyeongchang 2018.

Kasatskina, oggi numero 12 del ranking mondiale, però non si fa intimidire. Dalla Spagna, dove vive e si allena, rilascia un’intervista in mondovisione al celebre blogger Vitya Kravchenko. Parla a cuore aperto raccontando quanto sia difficile per lei, nata nel bel mezzo dell’ex Togliattigrad, convivere con l’idea di una patria che non ti accetta per quella che sei. Che mette nel mirino la comunità Lgbtq+, minacciandola di persecuzioni tribali.

Come fai ad aspettartelo quando sei una bambina di 6 anni? A questa età inizia a flirtare con il tennis, in Russia. La spinta, una benedizione, arriva direttamente dalla famiglia. Papà è un ingegnere impegnato nello stabilimento automobilistico del Volga e la mamma un avvocato, ma entrambi sono anche atleti olimpionici. Quando il sogno della prima racchetta scampanella alla porta di casa annuiscono vigorosamente. Comincia tutto con le sembianze di uno scherzo: il fratello Alexander si disimpegna a livello amatoriale e un giorno decide di metterla alla prova. La bambina respinge al mittente anche i sassi. Scovarla è un gioco da ragazzi per le strutture federali russe. Il passaggio al professionismo arriva in fretta, ma al suo fianco Daria pretende sempre Alexander, il primo ad aver creduto nelle sue qualità.

I successi si affastellano. Nel 2014 sbanca il primo slam giovanile in Francia: è l’inizio di una scalata che la condurrà – al netto di qualche inciampo – verso le cime più ambite. Daria conquista quattro titoli del WTA tour in singolare e uno in doppio, continuando a divorare terreno. Abilità incontestabili e sicurezza crescente la conducono fino alla recente semifinale sulla terra rossa del Roland Garros. Il suo tennis è ampio e pulito, proprio come il suo modo di atteggiarsi. I colpi che fendono maggiormente però sono quelli affidati alle parole.

Se penso che verrò accettata in Russia per quella che sono? Mai, per come stanno andando le cose in Russia mai, purtroppo”. E ancora: “Non è che uno può scegliere di essere gay. Tenere segreta la propria omosessualità non è possibile: l’importante è essere in pace con sé stessi. Gli altri vadano a quel paese”. Irrorare di orgoglio sportivo la propria patria non basta, evidentemente. Il sapore che accompagna ogni parola diventa più acre.

Il sogno di un luogo moderno e inclusivo in cui vivere viene infilzato con crudele cinismo da chi pensa di poter irregimentare ogni cosa. Le nubi che si addensano all'orizzonte si fanno sempre più scure, ma il gesto della Kasatkina è una lama di luce. Ci vuole tanto coraggio, ad avere coraggio.

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