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La rovesciata più bella della Serie A: il gol impossibile di Youri Djorkaeff

Nel gennaio del 1997 il folletto francese fece un gesto pazzesco: più che un gol, un numero circense

Il momento dell'impatto, un istante prima del capolavoro
Il momento dell'impatto, un istante prima del capolavoro

Il 5 gennaio di venticinque anni fa è un posto insidioso per chi possiede coronarie di cristallo. Assistere a quell'Inter - Roma significa sabotare la propria salute, perché al minuto trentanove le pulsazioni imbizzarriscono. Un fascio di luce stralcia l'opacità di una partita interpretata da due squadre caracollanti. A disegnarlo è un acrobata francese, originario di Lione. Anche il nome impresso sulla carta d'identità pare racchiudere un sentimento pittorico: Youri Djorkaeff. Transalpino, vero, ma nelle sue vene si intrecciano cromosomi polacchi, cosacchi e armeni. Abbastanza per suggerire che, da questo melting pot interiore, debba per forza scaturire una venatura estrosa.

L'Inter di Roy Hodgson è una berlina con il motore che tossicchia. Contro la Roma, che a dire la verità non se la passa troppo meglio, i tre punti diventano propellente indispensabile. E i nerazzurri, sotto lo sguardo compiaciuto di Massimo Moratti, addentano la gara per il verso giusto. La sblocca subito Maurizio Ganz, l'opportunismo incarnato in predatore d'area, l'uomo che sussurra sentenze mortifere alle retroguardie altrui. Ganz, comunque, in quel giorno gelato di un quarto di secolo fa, si rende assistente demiurgo - certo inconsapevole- di uno dei prodigi calcistici più fulgidi della storia pallonara contemporanea. Ad estrarlo dal cappello da prestigiatore - il phisique du role del resto è proprio quello - ci pensa lui, Djorkaeff, un tizio che alterna momenti di indolenza assoluta a numeri circensi.

Ganz, si diceva. Ad una manciata di minuti dalla fine del primo tempo impegna ancora il portiere dei giallorossi, esplodendo una botta da fuori area. Sterchele respinge con raro impaccio, deviando la sfera - che schizza indecifrabile - con il ginocchio. Al male si aggiunge il peggio, per la Lupa, quando Petruzzi cincischia sul rinvio fino a produrre un abominevole campanile in area di rigore. Poco male, ciarlano dalla curva ospiti: il pallone è totalmente esterno, innocuo, disinnescabile. Con Youri in campo però due più due rischia raramente di fare quattro. Il serpente - soprannome che cicatrizza al meglio la velenosa attitudine a strisciare silente tra le linee, prima del colpo finale - si sistema spalle alla porta, decodificando il punto di caduta della sfera. Da quella posizione chiunque proverebbe ad addomesticarla per poi cercare lo scarico su un compagno. Lui no. Lui rovescia. O meglio, quel che ne esce assomiglia ad un incrocio tra una bicicletta e una sforbiciata.

Il colpo è anomalo perché Djorkaeff si trova assolutamente in diagonale rispetto allo specchio. Dunque si annoda, fino a contorcersi in modo innaturale, per indovinare una traiettoria impossibile. Sterchele, sicuramente vittima della sindrome di Stendhal, non accenna neanche a muoversi. Istinto e coraggio, dirà Djorkaeff. San Siro ha appena citofonato alle porte del paradiso.

L'anno successivo, sugli abbonamenti nerazzurri, verrà incisa proprio l'indelebile raffigurazione di quel gesto. Un'opera d'arte, a tutti gli effetti.

Eternamente ispirante, in quanto tale.

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