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I cento giorni del Parma che vinse tre trofei di seguito

Nel 1999 i gialloblu inanellarono tre trofei di seguito, risultando inarrestabili

Il Parma festeggia la vittoria della coppa Uefa 1999
Il Parma festeggia la vittoria della coppa Uefa 1999

La leva del meccanismo, anche senza saperlo, la aziona lui. Il ragazzo avvitato nel cappotto di lana fa spallucce di fronte al vento gelido che sferza la sua figura esile. Del resto, il corpo è irrorato dalla curiosità. Nel nord Europa la cucina è rudimentale e il meteo propone un menù fisso: cielo di piombo e qualche sbiadito raggio di sole per dessert. Lui però qui non ci deve mica abitare. è solo di passaggio, in esplorazione.

Il padre, che di nome fa Melchiorre, mentre il cognome è Tanzi, gli ha lasciato una piccola azienda locale di salumi e conserve, giù in Italia. Oggi è ancora il 1961 e Calisto, che ha soltanto ventitre anni, tamburella nervosamente indice e medio contro il cartone che stringe fra le mani. Come a tastare il battito di quell’idea che gli intasa i pensieri. Alla fine si persuade: sì, si può fare.

Quando sale la scaletta dell’aereo stringe sottobraccio un plico voluminoso: dentro c’è premuto l’accordo con quelli della Tetra Pack. Nel mucchio dei fogli si spiega anche come funziona la tecnologia UHT. Un anno dopo nasce la Parmalat. All’inizio fattura 200 milioni di lire. Dieci anni più tardi sfonderà i 100 miliardi.

Ecco, se c’è un posto dove alloggia la moderna storia calcistica del Parma, forse è proprio quel freddo giorno di sessant’anni fa che sfuma in dissolvenza. Perché la trasfusione di denaro e talenti in un contesto provinciale determina, dal 1990 in avanti, lo smantellamento dei dogmi. I gialloblu scalano marce e conquistano risultati precedentemente implausibili. Fino a diventare la migliore delle versioni possibili. Quella che, con ogni probabilità, è incastonata nello spazio angusto - eppure favoloso - di circa cento giorni.

Cinque maggio 1999, ventun agosto 1999: la giostra rimane accesa senza sosta. Il meccanismo è meravigliosamente inceppato. In panchina c’è un tizio dall’aria divertita, i capelli intricati e la disabitudine alla condiscendenza sempre in canna. Si chiama Alberto Malesani e viene da Verona. Dentro il campo svaporano, invece, diverse categorie circensi. C’è una muraglia di elefanti in retroguardia il cui solo barrito sconforta gli avversari: Buffon, Cannavaro, Sensini e Thuram.

Ci sono i prestigiatori, ascrivibili alle voci Juan Sebastian Veron ed Enrico Chiesa, e gli equilibristi che basculano senza sosta sulle fasce (Vanoli e Fuser). Poi i portatori d’acqua Dino Baggio e Boghossian. Infine la bestia rara, Hernán Crespo.

Questo è il Parma che entra a Mosca, saccheggia con attitudine ferale e porta via la coppa Uefa. Il calendario dice 12 maggio ’99 quando il Marsiglia di Blanc e Pires, mica due scappati di casa, incorre in una débâcle terrificante. Tre a zero secco. Crespo, Vanoli e Chiesa squagliano il nemico, facendolo assomigliare per consistenza ad uno di quei cremosi dessert che sono vizio di famiglia e motivo di picchi glicemici. è una finzione. Non è il Marsiglia ad essere inadeguato. Sono i gialloblù, con quelle larghe bande orizzontali che li separano dal mucchio, ad essere ingiocabili.

Tocca però riavvolgere il nastro. Prima c’era stata un’altra tappa che poi, in realtà, erano due. Il 14 aprile, al Tardini, arriva la Fiorentina di Batistuta e Rui Costa. Andata della finale di coppa Italia. La sblocca subito Crespo, ma il Re Leone rimette la barca in pari. Il 5 maggio, a Firenze, le due squadre collidono di nuovo fino ad annullarsi: 2 a 2, ma il trofeo lo alza Malesani per il gol in più fuori casa.

Ora i cavalli rallentano e le tazze smettono di ruotare intorno, contemplando il traguardo. Ce n’è ancora, però, per un’ultima impresa. Il 21 agosto, più o meno a cento giorni dal primo trionfo di questa infinita campagna, l’avversario è il Milan campione d’Italia. Una bacheca freme per ingurgitare la supercoppa. Rossoneri avanti, ma il Parma non vuole saperne di redimersi. Ancora una volta Crespo. Poi Boghossian nel recupero. Gioia a catinelle.

Adesso sì. La giostra può spegnere le luci. Più tardi, qualcuno staccherà direttamente la spina, ma questa è un’altra storia. D’accordo, alziamo le mani, è stato soltanto un giro.

Ma difficilmente ne uscirà fuori un altro bello come questo.

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