Sinner no, Alcaraz sì. Che errore

Jannik ha rifiutato: fra un mese non sarà a Bologna per difendere la Coppa Davis. La decisione era nell'aria: scelta giusta per i suoi piani personali, ma sbagliata per l'importanza del trofeo giocato in Italia. Ci sarà invece Alcaraz con la Spagna. E se vincesse...

Sinner no, Alcaraz sì. Che errore
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Saranno finali di Davis, a Bologna, senza Jannik Sinner. Era nell'aria e da ieri è ufficiale, e così adesso possiamo dirlo serenamente: è un errore. Anche se i numeri sono dalla sua parte e la decisione era annunciata, addirittura dallo scorso novembre finito in trionfo con l'Insalatiera in mano e per la seconda volta di fila grazie a lui. Capita anche ai grandi, per carità, soprattutto quando hanno delle giustificazioni valide perché dettate dalla preparazione, dagli impegni in serie (Vienna, Parigi, Atp Finals) e dalla corsa a riprendersi il numero uno in classifica, traguardo a cui teniamo tutti quanti, magari perfino più di quanto ci tiene lui. Però questa volta, la svista possiamo definirla tattica? - è macroscopica, proprio perché Sinner è il primo a ricordare sempre di essere italiano. E se conosce bene come sono fatti i suoi connazionali, sa che in caso di sconfitta nelle prime Finals organizzate in Italia gli verrà chiesto conto.

Insomma: la spaccatura col Paese tifante, e soprattutto con quello antipatizzante, è dietro l'angolo. Anche perché a Bologna ci sarà invece Alcaraz con la Spagna: il sorteggio aveva pure programmato l'incrocio in finale, e sarebbe stato un vero delirio azzurro. E pensandoci bene, Carlos che vince la Davis in Italia è quasi un film dell'orrore. Poi oltre c'è quella foto di tre giorni fa, Jannik con una racchetta d'oro in mano e un assegno di sei milioni di dollari in tasca dopo un'esibizione da sceicchi: possibile che sia più importante di un appuntamento col Tricolore? Lo stridore è evidente, troppo per non evitare una polemica sul suo attaccamento alla Nazione.

Ecco: proprio perché gli siamo stati spesso accanto nelle difficoltà e nei successi, nei chiacchiericci inutili sulla sua provenienza e sulla sua residenza, possiamo far notare che qualcosa non va. Poi, è vero: Jannik è diventato Sinner proprio perché è così. La sua vita da Numero 1 (o 2) è fatta di programmazione, e il programma da tempo era che quest'anno la Davis non fosse una tappa possibile: "Dopo Torino, voglio ripartire col piede giusto in Australia si è giustificato -: poi c'è il fatto che l'abbiamo già vinta due volte". Ma non in Italia appunto, anche se il presidente della Fitp Angelo Binaghi ha cercato di stemperare: "Comprendiamo e rispettiamo la sua decisione, per noi comunque molto dolorosa. La Coppa Davis rappresenta per lui, e per tutti noi, un simbolo di orgoglio e di appartenenza, e siamo certi che tornerà presto in azzurro con la stessa passione e determinazione di sempre". Eppure, anche se ci restano Musetti, Berrettini, Cobolli, Bolelli e Vavassori ("e ho molta fiducia nella squadra convocata dal Ct Volandri - ha detto ancora Binaghi ragazzi che hanno dimostrato di saper trasformare le difficoltà in una spinta vincente"), Jannik Sinner è un brand al quale non si può rinunciare, una bandiera che non si può non sventolare.

Lui, volente o nolente, è l'icona di un movimento che traina lo sport italiano. E visto che c'è tempo fino al 18 novembre per cambiare idea, ci pensi: trovi un modo, qualsiasi, per esserci (e poi, nel caso, questa volta non dia buca al presidente Mattarella).

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