Sport

Tennis, abbiamo un problema: la romanità

Il presidente della Federtennis Angelo Binaghi: "Qui grande appeal ma troppi blocchi e negligenza"

Tennis, abbiamo un problema: la romanità

L'aveva detto in tempi non sospetti Alberto Fortis in una canzone: «Io vi odio a voi romani, io vi odio tutti quanti». Per carità: non è che il presidente della federtennis Angelo Binaghi li odi proprio tutti, ma di certo qualche disagio c'è se nel fare il sunto dei primi Internazionali d'Italia in era Covid, decide di sganciare la bomba: «Stiamo valutando se spostare il torneo in un'altra città».

Si tratta, in effetti, di un passo ulteriore rispetto a quando lo stesso Binaghi aveva pensato a un nuovo grande impianto lontano dal Foro Italico. Ma ai tempi si parlava di Fiumicino, si restava intorno ai confini dell'Urbe. Qui invece si annuncia la chiusura di un'epoca e se allora gli si poteva dare ragione, adesso non si può davvero dargli torto: il tennis merita più considerazione e Roma non sembra più il posto giusto per averla. C'è un problema diventato insormontabile: la «romanità».

Un aggettivo indefinito che il presidente spiega così quando parla del futuro di un torneo che sta diventando sempre più grande, troppo per un certo tipo d'ambiente abituato alla mentalità da circolo: «Se fossi sicuro che non perdesse l'appeal, lo avrei già spostato. Da una parte abbiamo un posto meraviglioso, dall'altra grandissimi problemi. Per la prima volta i nostri juniores andranno al Roland Garros anticipando le spese: una cosa che non posso sopportare e accade per la negligenza di chi avrebbe dovuto supportarci». Il discorso dunque parte da lontano e non è solo il progetto di aprire le porte a un pubblico limitato cestinato il primo giorno dalla Regione Lazio (il provvedimento che Binaghi ha definito «idiota»). Si tratta di un piano che vede gli Internazionali spalmati su 12 giorni dal 2022 o 2023, con 3 per le qualificazioni e con 96 giocatori in tabellone. Un miniSlam guadagnato ormai sul campo che rende la capitale un'antichità: «Siamo affezionati a Roma, pur non nascondendo i difetti che la romanità crea in termini di problematiche al nostro torneo. Dobbiamo capire se rappresentano un ostacolo all'ulteriore decollo o se i blocchi possono essere superati. Questo non è il torneo del comitato laziale, questo è il torneo della Federazione italiana tennis».

Binaghi precisa anche che non c'è l'ha con la Giunta o con la sindaca Raggi, ma conclude dicendo di essere «preoccupato dalla situazione ambientale, che non ci aiuta, non ci capisce, e qualche volta mal ci sopporta».

Svelando così in pratica che alla fine la romanità è quanto di più semplice si possa immaginare: non saper guardare oltre i propri privilegi.

Commenti