La strada per battere la sinistra va cercata in un congresso «vero»

La strada per battere la sinistra va cercata in un congresso «vero»

Caro Lussana, ancora una volta, grazie al Giornale la pausa estiva ha saputo trasformarsi in un proficuo momento di riflessione sul da farsi in vista delle prossime competizioni elettorali amministrative: eccoci, quindi, a interrogarci su quella che dovrebbe essere la migliore strategia per riuscire finalmente a vincere dopo che, nelle ultime competizioni, grazie a Enrico Musso e a Renata Oliveri ci siamo andati vicinissimi.
Sicuramente, le due tesi che si sono confrontate su queste pagine -quella per cui bisogna consolidare i voti del centrodestra e fare appello a tutte le nostre forze senza cercare il consenso della sinistra e quella secondo cui questo non basterebbe a colmare l'inferiorità numerica del centrodestra e saremmo pertanto costretti a cercare voti a sinistra- presentano ciascuna, all'apparenza, delle luci e delle ombre
Limitarci a chiedere voti solo ai nostri elettori naturali appare una mossa scontata che ha sicuramente il pregio di non rischiare nulla e di rafforzare la nostra identità, ma anche il difetto di non porsi il problema della necessità di ampliare il nostro bacino elettorale. Dal canto suo, la posizione di chi, come tu dici, vorrebbe "sfondare a sinistra", teoricamente potrebbe anche aumentare il consenso, ma rischierebbe al contempo di pregiudicare voti già nostri e, quindi, in realtà potrebbe non risolvere nulla.
Perché, allora, mi chiedo, non incamminarci invece in un'altra direzione, capace di intaccare lentamente lo schieramento avversario ma, al contempo, ferma sui nostri tradizionali cavalli di battaglia, come libertà di mercato, salvaguardia dell'impresa, tutela del cittadino, sfoltimento della burocrazia, semplificazione amministrativa e quant'altro…? Ma capace, anche, di aggiungerne dei nuovi, guardando al mondo del lavoro e del sociale, nonché alle attese di questa parte di città, allo scopo di incuriosire, interessare e, poi, convincere della bontà del nostro progetto.
Si tratta, anche, di riuscire a rassicurare e tranquillizzare quel mondo non solo in merito alla bontà della nostra proposta, ma anche sulla nostra capacità realizzativo-gestionale e sulla nostra affidabilità, adeguando alla realtà locale l'impalcatura propositiva e operativa nazionale, correggendo l'immagine che, troppo spesso, traspare di un PDL locale più portato a rincorrere le proteste, posizione questa comoda ma non redditizia dal punto di vista elettorale (come dimostrato!), e va invece meglio praticato il lavoro d'insediamento nel tessuto socio-economico cittadino.
Dobbiamo porre, più a noi stessi che agli altri, il problema di come rendere più credibile la nostra capacità di essere percepiti come forza di governo alternativa, per una città ormai rassegnata al grigiore che, da troppo tempo, allontana il nostro tessuto socio-economico dalle economie regionali a noi vicine.
Non da oggi è mia opinione che la cooptazione o la designazione dei dirigenti debba essere accompagnata e/o sostituita da modalità più rappresentative che facciano del confronto e della discussione non un caso straordinario, ma una normalità che si esalta nella fase congressuale, e prosegue poi naturalmente negli organismi, accompagnato da una presenza continua e capillare sul territorio (mondo imprenditoriale ed economico, associazionismo vario, mondo del sociale, etc.): tutto ciò non con la logica dell'autorità ma con quella dell'autorevolezza, caratteristica, questa, che non si acquista da nessun «sportello», ma che invece si costruisce giorno per giorno, mantenendo un legame coerente tra lo scenario nazionale e quello più locale, sapendo quando è necessario distinguere il ruolo del partito o del movimento da quello, necessariamente più articolato, di quanti operano nelle Assemblee elettive.
Il fatto di non aver proceduto ad un'ampia riflessione politica dopo la sconfitta alle regionali, la dice lunga sulla mentalità che domina nel nostro partito. Mentalità che va cambiata, pena il nostro arretramento.


Perché, allora, non vedere il 2011 come un periodo in cui, effettivamente, si prepara e si realizza una fase congressuale vera e non "drogata", funzionale ai successivi appuntamenti elettorali, in cui si possano definire le linee politiche con le quali il gruppo dirigente che sarà eletto si dovrà misurare? Questo, come contributo al nostro fare.
*Presidente Municipio VIII-Medio Levante

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica