Stragi mafia, dopo 13 anni interrogato Totò Riina: "I colpevoli sono fuori"

I pm di Caltanissetta sentono a Opera il capo di Cosa nostra dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi: "Borsellino non lo abbiamo ammazzato noi". Ieri Violante in procura a Palermo: "Non incontrai Ciancimino"

Stragi mafia, dopo 13 anni 
interrogato Totò Riina:
 
"I colpevoli sono fuori"

Milano - Totò Riina, a lungo uno dei capi di Cosa Nostra, è stato interrogato oggi per circa tre ore nel carcere di Opera (in provincia di Milano) dai magistrati della procura di Caltanissetta, che indagano sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, nelle quali furono uccisi rispettivamente Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre agli uomini di scorta. Al termine dell’interrogatorio, i magistrati hanno lasciato l’istituto di pena senza fare dichiarazioni. L’avvocato Luca Cianferoni, che ha assistito Riina, si è intrattenuto brevemente con i giornalisti, senza tuttavia entrare nello specifico delle dichiarazioni fatte da Riina ai magistrati.

"I colpevoli sono fuori" Per le stragi del ’92 "ci sono innocenti in carcere e colpevoli fuori", ha detto l’avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, lasciando il carcere di Opera (Milano) dove il boss è stato interrogato stamani dai giudici di Caltanissetta che indagano sulle stragi in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’avvocato non ha voluto confermare quanto il suo assistito avrebbe dichiarato nei giorni scorsi riguardo il coinvolgimento di una mano esterna alla mafia negli eccidi di Capaci e via D’Amelio. "E' una domanda a cui non posso rispondere". Luca Cianferoni ha aggiunto che, a sua avviso, il processo, già celebrato, per la strage di via D’Amelio "è stata una montatura". "Ci sono innocenti in carcere e colpevoli fuori", ha aggiunto il legale, secondo il quale "ci sono elementi nuovi per poterci difendere".

Ieri Violante a Palermo L’inchiesta della procura palermitana, condotta dai pm Antonino Ingroia e Nino Di Matteo, su presunte collusioni tra uomini delle istituzioni ed esponenti mafiosi prima, durante e dopo le stragi del ’92 a Palermo, si è arricchita della testimonianza dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, che è stato presidente della commissione antimafia dal settembre 1992 al marzo 1994, (nel periodo dopo le stragi e nella stagione di processi a politici e uomini dello Stato). In questo ambito è stato ascoltato in procura dove, in due ore d’interrogatorio, ha ricostruito alcuni episodi vissuti in quegli anni. Violante avrebbe anche parlato della richiesta di un incontro avuta da parte di Vito Ciancimino, corleonese, ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto nel 2002 a Roma, quando era presidente della commissione antimafia. Secondo indiscrezioni, Ciancimino avrebbe fatto avere la richiesta a Violante attraverso un ufficiale dei carabinieri. L’ex parlamentare ha detto ai magistrati che rifiutò l’incontro.

Due filoni paralleli L’indagine è parallela - e a tratti convergente - con quella della procura di Caltanissetta, che indaga da anni (chiudendo e aprendo diversi fascicoli come quello su Bruno Contrada) sui mandanti occulti delle stragi di Capaci e di via D’Amelio in cui furono uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, oltre a 8 agenti della polizia di Stato, e delle procure di Milano e Firenze dove avvennero le stragi attribuite alla mafia nel ’93. Tutte le procure si avvalgono delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, condannato per riciclaggio del denaro mafioso accumulato da suo padre Vito, che con la sua testimonianza ha fatto aprire diversi filoni d’inchiesta in cui sono coinvolti politici, magistrati, persone dei servizi segreti e delle istituzioni.

Ciancimino, inoltre, sarebbe in possesso di documenti d’interesse investigativo sui rapporti mafia-Stato, in parte già consegnati alla procura palermitana, e del famoso "papello" cioè le carte contenenti le richieste di Totò Riina allo Stato per far cessare la stagione stragista, ereditati dal padre.

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