Letteratura

Streghe, lupi mannari e altri incubi prodotti dalla cultura

Nell'Eunuco di Terenzio, il giovane Cherea si traveste da eunuco per insinuarsi nella casa dove abita la donna di cui è innamorato: Panfila

Streghe, lupi mannari e altri incubi prodotti dalla cultura

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Nell'Eunuco di Terenzio, il giovane Cherea si traveste da eunuco per insinuarsi nella casa dove abita la donna di cui è innamorato: Panfila. Mentre le ancelle le preparano il bagno, Panfila ammira un quadro che eccita vigorosamente il falso eunuco: Giove che, mutato in pioggia d'oro, bagna Danae, attraversando le pareti di bronzo di cui è prigioniera, e la feconda. Cherea racconta di aver guardato il quadro, e di essersi eccitato «ancora di più, per il fatto che un dio si era trasformato in uomo ed era venuto di nascosto su di un tetto, e poi giù, per far la festa ad una donna». E conclude, soddisfatto: «E io, un misero uomo, non dovevo farlo? Allora l'ho fatto, e con piacere!».

Citato più volte da Sant'Agostino come prova degli effetti nefasti che le pitture lascive possono avere sugli uomini, questo aneddoto apre Tiziano, Ovidio e i codici della figurazione erotica nel' 500, uno dei saggi raccolti nella sontuosa riedizione di Miti Emblemi Spie (Adelphi) di Carlo Ginzburg. Da Warburg a Gombrich, dal nazismo e i suoi legami con la mitologia germanica fino alla pittura erotica, i temi affrontati da Ginzburg sono molti e variegati; tra questi, uno dei più celebri è quello di Spie, che unisce Sigmund Freud, Giovanni Morelli e Sherlock Holmes, «i tre personaggi che rappresentano il paradigma indiziario: l'analisi dei casi». Giovanni Morelli, storico dell'arte veronese del diciannovesimo secolo, aveva provocato una vera rivoluzione nelle gallerie d'arte europee rimettendo in discussione l'attribuzione di molti quadri; per distinguere gli originali dalle copie, Morelli che occultava il suo nome con uno pseudonimo da spia russa, Ivan Lermolieff non si basava sui caratteri più appariscenti, ma su dettagli secondari e apparentemente insignificanti, come la conformazione delle unghie o dei lobi auricolari; come, del resto, faceva Sherlock Holmes, che riusciva sempre a scoprire gli autori dei delitti sulla base di indizi impercettibili.

«Anche la psicoanalisi» - scriveva Freud, che nel Mosè e Michelangelo parlava proprio del metodo Morelli-Lermolieff e della sua «stretta parentela con la psicoanalisi medica» è «avvezza a penetrare cose segrete o nascoste in base ad elementi poco apprezzati o inavvertiti, ai detriti o ai rifiuti della nostra osservazione». Freud ritorna anche in Freud, l'uomo dei lupi e i lupi mannari, in cui Ginzburg rievoca quello che è forse il più noto dei casi clinici del padre della psicoanalisi: quello, appunto, di Sergei Pankejeff, detto l'«uomo dei lupi» perché nella prima infanzia era stato terrorizzato da un sogno in cui, durante la notte, si spalancava la finestra della sua camera da letto e comparivano dei lupi bianchi da cui temeva di essere divorato. Ginzburg si sofferma sui lupi, caratteristici del folklore slavo, che attribuiva ai nati con la camicia come Pankejeff cioè avviluppati nel cencio amniotico, circostanza molto rara poteri eccezionali, tra cui quello di diventare lupi mannari; il sogno dell'uomo dei lupi richiama anche «i sogni iniziatici con cui si manifesta, nell'infanzia o durante la giovinezza, la vocazione dei futuri benandanti», una setta diffusa in Friuli tra il 500 e il 600 e connessa con un sostrato di credenze slave dalle caratteristiche sciamaniche che comprende varie figure del folklore europeo, come i lupi mannari slavi e baltici, i táltos ungheresi o i mazzeri corsi. Quello dell'uomo dei lupi, dunque, è anche «un sogno di carattere iniziatico, indotto dall'ambiente culturale circostante», che, però, non trasformò Pankejeff in un lupo mannaro, ma in un nevrotico sull'orlo della psicosi.

Inquietanti, anche se in maniera diversa, sono anche i fatti raccontati in Stregoneria e pietà popolare, che esamina gli atti del processo istruito nel 1519 dal Sant'Uffizio modenese contro una contadina accusata di aver praticato malefici.

Questa confessione conferma che la stregoneria non fosse il frammento isolato di un'antica mitologia scomparsa, ma la componente organica di una credenza viva e ampiamente diffusa nella cultura popolare dell'Italia settentrionale del tempo.

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