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Milano, camion travolge e uccide mamma, autista scappa
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Stuprata dagli amici conosciuti in chat

Tre colpi di pistola sparati nel cortile di casa dov’era l’ex moglie, con cui aveva appena avuto una violenta lite per l’affidamento dei tre figli. Tre colpi al torace. Uccisa a 30 anni. Poi il ragazzo - un 28enne - si è barricato in casa dove, ancora armato, l’ha trovato la polizia.
Finisce nel sangue la storia di due giovani italiani. Storia di periferia, quartiere Stadera, a sud di Milano. Tra via Palmieri e via Barrili. Le «quattro corti», le chiamano da queste parti. È la casbah degli abusivi. Case Aler occupate, grandi condomini, rom, ex detenuti, stranieri, degrado. E ieri anche un omicidio.
Alta tensione, allo Stadera. E un’enorme paura tra gli abitanti della zona. Perché quando un vicino di casa ha chiamato il 113, le pallottole stavano ancora fischiando. Poi, quando gli agenti sono entrati al civico 9 di via Barrili, poco prima delle 19, il ragazzo è tornato in casa, e si è affacciato al balcone, pistola in mano. Hanno dovuto indossare i giubbotti antiproiettile, prima di fare irruzione nell’appartamento. Il 28enne, una volta accerchiato, ha gettato l’arma. «Mi arrendo», ha gridato. Ed è stato arrestato. L’hanno dovuto portare immediatamente in questura. In via Barrili, infatti, erano arrivati in molti. Non solo forze dell’ordine, presenti comunque con diversi equipaggi. Davanti a quel cortile, infatti, c’era anche qualche conoscente della vittima. C’erano i fratelli. C’erano gli amici. C’erano anche altri parenti. Qualcuno si è accasciato accanto al corpo della vittima, distrutto dal dolore e stravolto dalla rabbia. Gliel’hanno giurata, subito e sul posto. Vendetta. Violenta. L’avessero lasciato lì ancora per pochi minuti, Giuseppe Di Stefano avrebbe rischiato il linciaggio. Nel cortile dello stabile, invece, è rimasto solo il corpo della ragazza. Coperto da un lenzuolo, in una pozza di sangue. Sarà il medico legale, ora, a stabilire qual è stato il colpo che l’ha uccisa. La ragione della sua morte, invece, è già abbastanza chiara. Una lite. L’ennesima. L’ultima.
Giuseppe Di Stefano e Teresa Patania, originari di Catania, vivevano da qualche tempo a Milano. Formalmente, erano ancora una coppia. La causa di separazione, infatti, era soltanto agli inizi. E proprio questa dovrebbe essere la causa scatenante dello scontro di ieri. I genitori della ragazza, che vivono a pochi passi da via Barrili, hanno spiegato agli agenti giunti sul posto che da qualche mese a questa parte i diverbi tra i due si erano fatti sempre più frequenti. E soprattutto, sempre più violenti. Vivevano di fatto da separati, in due diversi appartamenti dello stesso stabile. Ancora gomito a gomito, alimentando quotidianamente incomprensioni, ossessioni e rancori. Operaio lui, casalinga lei. Nessun precedente penale per il ragazzo. La pistola, una Beretta semiautomatica calibro 22, era però clandestina. Matricola abrasa, un’arma mai dichiarata. Anche questo, adesso, il ragazzo dovrà spiegare al magistrato di turno, il pubblico ministero Maria Vulpio.

Solo in tarda serata, dopo un sopralluogo nell’appartamento e al cortile di via Barrili, il pm ha raggiunto l’assassino in questura, dove l’ha interrogato a lungo. I tre bambini, ieri sera, sono stati temporaneamente affidati ai nonni. Il padre è in carcere. La madre, invece, non c’è più.

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