
In difesa dell'umano (La nave di Teseo, pagg. 490, euro 24) è un titolo perfetto perché sintetizza il messaggio culturale (ed esistenziale) di Pier Paolo Pasolini. Paolo Desogus, Mâitre de conférences alla Sorbona di Parigi, in questo saggio, raccoglie e amplia significativamente i suoi studi pasoliniani. È il volume di uno specialista ma è chiarissimo, e soprattutto stimolante. Premessa indispensabile: il Pasolini di Desogus resta, come è giusto, saldamente nel campo marxista, meglio: gramsciano. Le riletture da destra sono sempre legittime ma un po' futili se non tengono conto di questo dato di fatto. Desogus mostra benissimo che anche il Pasolini anti-moderno affonda le radici nelle parole del pensatore sardo. Altra premessa indispensabile: qui ci limitiamo a discutere uno dei tanti temi toccati da Desogus, tutti riconducibili al concetto di contraddizione «con te e contro te» e a considerazioni stilistiche sull'uso del discorso indiretto libero. Fine delle premesse. Per un lettore da destra di Pasolini questo volume scritto da sinistra offre spunti a non finire e addirittura inaspettate convergenze. Già, perché «difendere l'umano» è anche l'obiettivo della destra sintonizzata sul XXI secolo. La «mutazione antropologica» denunciata da Pasolini si è rivelata una realtà. La modernità è veloce, quindi spazza via istituzioni «lente» come la famiglia e la Chiesa. Il grande capitale ha bisogno di rendere efficiente il mercato, e per questo ha travolto la piccola impresa e la società contadina. Il consumismo è la nuova «ideologia» totalitaria. In nome della tolleranza, tutto omologa. Il fascismo poteva tirarti una manganellata ma restava fuori dalla tua testa. Il consumismo invece colonizza la fantasia e il desiderio a vantaggio di chi ha bisogno di un esercito di consumatori che intendono consumare le stesse cose, gli stessi sogni, le stesse idee. Sembra uguaglianza ma è solo economia di scala. Non è tutto. Al nuovo mercato mondiale, occorrono manodopera a basso costo e consumatori fatti con lo stampino, uguali uno all'altro, intercambiabili. In nome della uguaglianza, si intende.
A questo punto, un pensatore come Augusto Del Noce, che si occupò di Pasolini, direbbe che la vera sfida, oggi, non è tra destra e sinistra. La nostra epoca segna il successo della secolarizzazione, con tanti saluti alla dignità e libertà dell'uomo. Uno scrittore come Testori aggiungerebbe che il fine ultimo di questa società dominata dalla tecnica è «la turpe fabbrica dell'uomo». Perché perdere tempo a convincere le masse? Meglio sostituirsi a Dio e crearle su misura (per la servitù).
Scrive Desogus: «Nella promessa di benessere per mezzo delle merci Pasolini vede infatti non l'esito di un nuovo progresso, ma il compimento di una forma di alienazione capace di degradare l'individuo, di schiavizzarlo e di farne lo strumento di uno sfruttamento inedito, che non attinge più solo dal lavoro, come negli operai di Marx, o dal radicamento egemonico, come poi ha mostrato Gramsci, ma anche dalla più profonda intimità, ovvero dal suo desiderio». La contraddizione diventa omologazione, il desiderio di vita si trasforma in desiderio di merce, l'eros è ridotto a prestazione, le relazioni sociali sono sfruttamento del prossimo. Questi ultimi passaggi rendono conto anche della disperazione dell'ultimo Pasolini. L'uomo assassinato nel 1975 assisteva impotente alla fine del suo immaginario erotico e alla scomparsa del mondo estraneo alla borghesia.
Desogus nota la cultura filosofica di Pasolini, sempre messa in ombra se non negata. Non solo le cose non stanno così. Ma ci sono filoni tutti da esplorare, a partire dal catalogo della biblioteca dello scrittore. Un paio di idee: la passione riconosciuta per le opere dell'antropologo Ernesto De Martino potrebbe aver aperto le porte a una certa cultura esoterico-rituale di cui c'è traccia evidente in Petrolio, il romanzo capolavoro uscito postumo nel 1992. D'altronde il titolo originale era vas, e nonostante le varie interpretazioni, la più calzante è quella meno battuta: Pasolini intende il vas, il recipiente, il calderone dell'alchimista. Seconda pista: Pasolini fu tra i più duri contestatori della casa editrice Rusconi che, sotto la direzione di Alfredo Cattabiani, era diventata il punto di riferimento della destra cattolica e post fascista. Intorno a Rusconi fu fatta terra bruciata, e purtroppo Pasolini contribuì a questa battaglia sbagliata. Però nella sua biblioteca di titoli rusconiani ce ne sono tanti, e alcuni sono anche annotati. D'altronde la Tradizione, per quanto reazionaria, non poteva non affascinare un critico della modernità (di questa modernità, la nostra) come Pasolini.
Presto saremo travolti dalla consueta mole di saggi sulla morte di Pasolini, di cui ricorre il 50esimo anniversario. Niente di male, ma troppo spesso si comincia a leggere Pasolini dalla fine, e a illuminarne a ritroso il cammino, come se la morte chiarisse e spiegasse il passato. In difesa dell'umano invece ci presenta un Pasolini estremamente combattivo, e la morte, beh, la morte ci ha portato via un intellettuale anche imprevedibile nelle sue contraddizioni ma dallo sguardo sempre acuminato. Non era tipo da dire quello che certa sinistra si aspetta di ascoltare. Non andava incontro ai pregiudizi del suo pubblico.
Al contrario, provocava: ed è sufficiente pensare agli articoli raccolti negli Scritti corsari. In realtà, Desogus mostra come l'attualità di Pasolini vada oltre le situazioni politiche contingenti perché l'umano bisogna difenderlo sempre. Oggi, epoca di tecnocrati, più che mai.