Il Sudafrica postmondiale è diventato un bello scenario per una rappresentazione tutta da decidere. Nel ricordo dell'iride i bafana bafana vorrebbero proporsi ad accogliere ogni evento universale, anche se poi vivono l'angoscia suscitata dagli stadi vuoti e dismessi. Il decadimento è tangibile alla Coppa d'Africa Under 20 in corso di svolgimento, torneo che il Sudafrica ha deciso di ospitare in fretta e furia dopo la scontata defezione di una Libia in fiamme. Della grandeur dei mondiali del 2010 neppure l'ombra. L'ultima stilla della sontuosa organizzazione se n'è andata via con l'incuria degli impianti sportivi, all'avanguardia solo nel mese del torneo iridato. Gli stadi di Rustenburg, Nelspruit (dove gli azzurri pareggiarono con la Nuova Zelanda), Polokwane e Durban sono diventati cattedrali nel deserto. Troppo grandi per ospitare le partite del locale campionato, troppo dispendiosi gli oneri per mantenerli. I club non se ne fanno carico. Le erbacce regnano, saltano persino le tubature negli spogliatoi e la sensazione di vivere in una nazione che non è mai riuscita a combinare un matrimonio calcistico veramente fortunato è palpabile.
La stampa locale ha ovviamente giudicato inopportuna la decisione del presidente della federcalcio Kirsten Nematandani di farsi carico del torneo. Con i maggiori impianti fuori uso tutto il torneo è stato inglobato nell'unico stadio disponibile. Al Dobsonville di Soweto (scartato per la Coppa del Mondo) sta trionfando la stagione delle piogge. Il terreno di gioco, sottoposto anche a quattro gare nel corso della medesima giornata, è a metà strada tra un palude e una risaia. Si respira l'atmosfera per pochi intimi, con l'immancabile disappunto degli addetti ai lavori europei che si devono sobbarcare un viaggio interminabile per vedere all'opera la nouvelle vague del pallone che mostra muscoli e destrezza tra il fango. La drammaticità della situazione è stigmatizzata dalle parole di Paul Russel, il direttore organizzativo del torneo: «Gli stadi del mondiale sono fuori uso. Purtroppo non immaginavamo che Dobsonville rappresentasse una sfida così dura». Un terreno di gioco che tra l'altro non è usato in esclusiva dalle giovani nazionali continentali.
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