«Un suicidio? Sembra impossibile era sereno»

Increduli i suoi più stretti collaboratori Abruzzo: «Era anche un bravo docente»

(...) processi: «Colleghi ma mai nemici - ricorda - anche quando ci trovavamo su fronti avversi».
Il professor Dominioni era fuori Milano quando ha ricevuto la chiamata dell’avvocato Ripamonti: «Dopo che mi ha informato sono rimasto senza parole. Ho chiuso la telefonata e ho deciso di tornare subito in città». Poi il dolore si è mescolato ai ricordi: «Eravamo molto amici. Ci siamo conosciuti in tribunale, che per lui non era una struttura burocratica ma il luogo dove esercitare la professione forense». Dominioni non è l’unico a rimproverarsi di non essersi accorto di nulla, di non aver colto un malessere che forse Corso Bovio stava vivendo già da tempo. «Se solo avessi colto qualcosa capite che non sarei stata a guardare - ha detto l’avvocato Caterina Malavenda, tra i suoi collaboratori storici. E mentre parlava aveva gli occhi lucidi. Proprio lei che sulla sua grinta ha costruito una carriera brillante, ieri era sconvolta: «Per me era come un fratello, un grande uomo, un grande amico e un grande professionista». Non erano solo gli amici a stimarlo. Quando la notizia ha raggiunto le aule ormai semivuote del Tribunale, tutti quelli che erano abituati a vederlo passare per i corridoi del Palazzo di giustizia hanno nascosto a stento l’incredulità. In molti lo conoscevano e ognuno ora conserva un ricordo particolare di quel collega, così famoso nell’ambiente forense, ma allo stesso modo umile, con i piedi per terra. Appresa la notizia, il presidente del Tribunale Livia Pomodoro lo ha ricordato con ammirazione «professionale e umana», il Procuratore aggiunto Nicola Cerrato ha sottolineato la sua «grande lealtà e la correttezza» e il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Grechi la sua «tranquillità». Ma non pensava solo al lavoro, Corso Bovio era «ironico e soprattutto autoironico». Lo descrive così l’avvocato Fabio Belloni, amico di una vita: «Abitando a 50 metri di distanza, capitava di trovarsi sotto casa la sera con il cane al guinzaglio e scherzare insieme, perché lui era un gran comunicatore, curioso e pieno di stimoli». A fine mese doveva partire per le vacanze con Ignazio La Russa: «Proprio ieri - ha raccontato il politico - avevo prenotato la barca». Sapeva divertirsi, ma al tempo stesso era equilibrato, il collega Tiziano Barbetta conserva nella memoria un’immagine ben precisa: «Sempre sorridente ma pacato. Un avvocato libero». Appassionato del suo mestiere, ma pragmatico nella risoluzione delle sue cause e nell’insegnamento. «Era un grande docente - rammenta Franco Abruzzo, già Presidente dell’Ordine dei Giornalisti lombardo - il diritto lo spiegava con i fatti».
Eppure ieri pomeriggio ha chiuso la porta del suo studio per non riaprirla mai più.

«Non riesco a capire cosa abbia potuto spingerlo a questo gesto - racconta l’avvocato Gianpietro Biancolella che in Corso Bovio aveva trovato il primo amico appena arrivato a Milano, nel 1975 -. È sempre stato un lottatore. Ha affrontato con grande tenacia i molti ostacoli che ha incontrato nella sua vita».

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