Letizia Moratti parla delle politiche della sicurezza con più convinzione del suo principale avversario nella corsa verso Palazzo Marino, l'ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante. Strano a dirsi, ma tant'è. E poi - diciamocelo pure -, strano fino ad un certo punto. Se non fosse per altro per il fatto che Ferrante, su questo tema, ha da fare i conti con Dario Fo, leoncavallini vari e compagnia cantante. Certamente per questi ultimi il tema della sicurezza non è ai primi posti nei programmi elettorali e, quindi, è difficile che lo sia anche per Ferrante.
In due occasioni recenti il candidato sindaco del centrodestra ha tracciato le linee fondamentali dell'azione di un Comune sul tema della sicurezza: lucide e concrete. Anzitutto una questione di fondo. «Va detto con chiarezza - ha affermato la candidata - che l'illegalità, qualunque sia la ragione che la determina, non può trovare nessuna giustificazione. Tollerare l'illegalità in nome di un malinteso senso di tolleranza ha fatto aumentare il senso di insicurezza dei cittadini». Al bando dunque tutti i sociologismi vari, più o meno pelosi, che confondono la spiegazione dei fenomeni di devianza con la loro giustificazione. Si può essere solidali al cento per cento pur essendo fermi nella denuncia delle varie forme di illegalità. Capire e non giustificare.
La candidata Moratti è però anche consapevole che la lotta all'illegalità non è fatta solo di ordine pubblico. Anche perché se fosse fatta solo di ciò, un comune non potrebbe fare granché. Alcune proposte da lei formulate, per ora sono conseguenti a questo ragionamento. Anzitutto l'intensificazione e la priorità rappresentata dalla presenza sul territorio dei vigili di quartiere. Per motivi certamente repressivi ma prima ancora preventivi e ancor prima per rispondere alle esigenze dei cittadini di una maggiore vicinanza, soprattutto in periferia, delle istituzioni.
In questa logica c'è anche la proposta di un ufficio che operi ventiquattro ore su ventiquattro e che sia a disposizione delle vittime dei reati.
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