La sua famiglia aspetta giustizia da 30 anni. Sì, perché per 30 anni l'omicidio di Sebastiano Bosio, medico "scomodo" contro le cosche in un'epoca, l'inizio degli anni Ottanta, in cui la ribellione alla mafia non era affatto comune, era rimasto una nebulosa: delitto di mafia, sì, ma fatto da chi, e soprattutto per quale motivo specifico? Un mistero. Un mistero che finalmente si avvia, forse, a soluzione. La Procura di Palermo, infatti, ritiene di aver individuato uno degli assassini: il pm della Dda Lia Sava ha chiesto il rinvio a giudizio per il boss del quartiere Resuttana, Antonino Madonia.
Una svolta tardiva, arrivata dopo la perizia dei carabinieri del Ris sui proiettili utilizzati dai sicari per uccidere il professionista, primario di chirurgia vascolare, all'uscita dal suo studio in piena zona residenziale, in via Simone Cuccia. Dall'analisi dei proiettili sembra che l'arma che fu usata per uccidere Bosio, una calibro 38, sarebbe infatti la stessa che sette mesi dopo, il 5 giugno 1982, fu utilizzata dal killer per uccidere due meccanici di Passo di Rigano, Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici. Per quel duplice omicidio, Madonia è stato condannato.
Antonino Madonia era già stato indagato per l'omicidio Bosio sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ma non si trovavano riscontri e l'inchiesta stava per essere archiviata l'anno scorso. Iil gip ha chiesto nuove indagini e sono venuti fuori i proiettili del delitto rimasti dentro una cassaforte dell'istituto di Medicina legale del Policlinico. Le indagini sul caso Bosio erano state archiviate negli anni '80 e riaperte tra il '95 e il '96, per essere poi di nuovo archiviate.
Secondo la tesi dei collaboranti Bosio, considerato inavvicinabile dai boss, sarebbe stato ucciso per avere trattato senza il dovuto rispetto alcuni mafiosi. Una colpa, all'epoca, da pagare con la vita.
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