Tanto "Sudore" per... molto. L'esercizio fisico si fa storia

Dalle palestre greche al nuoto nel Talmud. Fino ai muscoli odierni

Tanto "Sudore" per... molto. L'esercizio fisico si fa storia
00:00 00:00

Ogni volta che vado al mare, ovunque io mi trovi, non riesco a non meravigliarmi della stessa cosa: quasi nessuno nuota. Molti fanno il bagno, qualcuno sguazza, mentre la maggior parte dei bagnanti sta sulla spiaggia - o sulla roccia - a prendere il sole, a leggere, o a chiacchierare. Non riesco a non pensare che ci sia qualcosa di perverso, in tutto questo: un enorme spreco, che avvicina, però, in qualche modo, i bagnanti dei nostri tempi ad Ulisse, che aveva nei confronti del mare un atteggiamento a dir poco riluttante. L'eroe dell'Odissea descrive le terre che ha visitato e i loro abitanti, ma non descrive mai il mare: come se tra una terra e l'altra ci fosse il nulla. Ulisse non afferma mai di amare il mare, che riesce a catturare i suoi occhi solo per raccontare i naufragi o gli inganni e a cui è attribuito l'aggettivo "infecondo". Persino il messaggero degli dèi, Hermes, quando sarà inviato da Zeus nell'isola di Calipso confesserà di aver viaggiato contro la sua volontà: "e chi vorrebbe traversare tanta acqua salata, infinita?".

Se il mare è guardato con diffidenza e paura, però, lo stesso discorso non vale per il nuoto. Nel sedicesimo secolo, un medico italiano scriveva che "in cotale azione tutto il corpo viene mirabilmente mosso e travagliato. Nuotare può far dimagrire, migliorare la respirazione, tonificare, riscaldare, allungare il corpo e rendere meno soggetti a infortuni, e fornisce un maggior piacere rispetto agli altri tipi di esercizio fisico, poiché il movimento dell'acqua dà, grazie al suo tocco gentile, un peculiare piacere, tutto suo". E non a caso, pur temendo il mare, anche i Greci sapevano nuotare: secondo Platone, non saper nuotare doveva essere considerato un sintomo di ignoranza tanto quanto non saper leggere. E Socrate lo dice in modo perentorio: "nuotare salva dalla morte". Anche nella cultura ebraica nuotare era importante. Nel Talmud, si diceva che i genitori dovessero insegnare tre cose ai figli: la Torah, un lavoro, e nuotare. Ma il nuoto non è il solo protagonista del libro Sudore. Una storia dell'esercizio fisico (ilSaggiatore, pagg. 304, euro 26) di Bill Hayes, che traccia, nella maniera più in voga in questo periodo storico quella centrata sul sé, con l'irrinunciabile prima persona e il racconto, anche eccessivo, delle proprie esperienze a riguardo una storia dell'esercizio fisico e della sua percezione nella storia dell'uomo, dalle palestre della Grecia ai parchi di New York. Hayes parte dalla scoperta dell'esistenza del De arte Gymnastica, scritto da un medico italiano del sedicesimo secolo, Girolamo Mercuriale. Nel suo trattato, Mercuriale - che, seguendo Galeno, definisce l'esercizio "un moto del corpo umano, veemente, volontario e con una alterazione della respirazione, fatto in grado di conservare la sanità, o di procurarsi una robusta complessione" - dimostrava una grande nostalgia per le palestre antiche, edifici pubblici di proprietà della città le cui descrizioni più precise ci arrivano da Vitruvio: un grande cortile centrale, di circa quattrocento metri, circondato da un porticato con zone provviste di sedili, dove "i filosofi, i maestri di retorica e altri che si dilettano negli studi possano sedere e discutere". Non divinizzati personal trainer o improbabili specialisti di counseling sportivo, insomma, ma filosofi e maestri di retorica, che discutevano vicino agli atleti; questi ultimi accedevano anche ad una serie di altre stanze: una per le unzioni, per cospargersi di olio di oliva prima di esercitarsi completamente nudi; una stanza della polvere, dove veniva applicata, sulla pelle cosparsa d'olio, una polvere sottile, per renderla meno scivolosa e proteggerla dal sole; una serie di stanze per fare bagni caldi e freddi, una sauna e "una stanza con una volta per la sudorazione".

Mercuriale, e in generale gli antichi, però, non avrebbero mai apprezzato i corpi ipertrofici dei palestrati odierni: l'autore del De Arte Gymnastica scrive che "in coloro che mettono ogni opera per ingrossare e far robusto il corpo, la mente diviene ottusa e i sensi duri, intorpiditi e tardi". Anche Platone ammoniva a non esagerare, perché "l'enfasi eccessiva produce un tipo eccessivamente privo di civiltà, mentre un addestramento nelle sole lettere rende un uomo indecentemente molle". Hayes non sembra d'accordo, e commenta: "da giovane, ciò che mi importava più di tutto era essere bello, diventare muscoloso, gonfiarmi per attrarre un compagno".

Ma, come spesso accade, gli antichi erano più saggi: perché, più che esercitarsi per diventare più belli o attrarre dei partner, è bene farlo, come scriveva Ippocrate, "perché la sola dieta non manterrà una persona in buona salute; è necessario che faccia anche l'esercizio".

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica