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Tarantini, quell'inchiesta insabbiata dai magistrati

Il pm Laudati accusato per 6 mesi di ritardo. Ma a Bari la prima indagine su Gianpi e la sanità è stata ferma 7 anni

Tarantini, quell'inchiesta 
insabbiata dai magistrati

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Accadono cose singolari intor­no a una procura un tempo rossa (il pm Emiliano è diventato sinda­co col Pd, il pm Maritati oggi è sena­tore del Pd, il pm Nicastro assesso­re con Vendola, il pm-scrittore Ca­rofiglio senatore del Pd eccetera) e un tempo celebre per le sue quoti­diane fughe di notizie. E accadono da quando a capo dell’ufficio è arri­vato un pro­curatore capo non pro­priamente simpatico ai giornalisti (che arresta, intercetta, pedina) ai politici (che da destra a sinistra pe­dina, arresta e intercetta) agli stes­si colleghi d’ufficio a cui ha tolto la parola coi cronisti e ogni smania di protagonismo affiancando lo­ro, di volta in volta, altri colleghi. Il procuratore in questione è Anto­nio Laudati, la procura è quella di Bari.

A differenza di Woodcock e soci, ai quali bastano due mesi di inter­cettazioni e minimi riscontri per arrestare Lavitola, Tarantini e la moglie, Laudati è noto per non fa­re le cose in fretta. Se i suoi detratto­ri dicono che è lento, che insabbia, lui invece si vanta di blindare le in­­chieste, di chiuderle solo quando i riscontri sono certi e inattaccabili in dibattimento. Una scuola di pensiero differente che ai cultori della giustizia sommaria a mezzo stampa non piace per niente. Per questo da mesi è in atto una violen­tissima campagn­a tesa a dimostra­re che Laudati è un berlusconiano doc, nonostante a luglio abbia per­sonalmente indossato la toga per sostenere l’accusaal processo Ce­dir contro il ministro Raffaele Fit­to. Campagna incendiata dalla stizzita lettera al Csm inviata dal pm “rosso”Pino Scelsi (titolare ini­ziale delle indagini sulla D’Adda­rio) e sfociata nell’avvio di un’inda­g­ine alla prima commissione al Pa­lazzo dei Marescialli perché Lau­dati avrebbe rallentato l’inchiesta su Tarantini e insabbiato il più a lungo possibile (parliamo di sei mesi al massimo, con la richiesta a gennaio 2011 della famosa infor­mativa della Guardia di Finanza sulle telefonate a luci rosse del pre­mier che ancora a giugno dice di non avere avuto la possibilità di leggere).

Non solo. Laudati è stato colpito da lettere anonime prive di riscontri o di rilievi penali (riferite a finanziamenti a un convegno pa­gato d­a Vendola e a improbabili al­loggi da mille e una notte nella ca­serma della Finanza) che invece di essere cestinate son finite nel fasci­colo aperto dal Csm che presto si arricchirà degli atti di Lecce, che in­daga su Bari per le telefonate inter­cettate tra Tarantini e Lavitola in cui il primo accenna a un presun­to, improbabile, ruolo di insabbia­tore di Laudati. Che s’è arrabbiato non poco e sfidando i suoi detratto­ri h­a chiesto al ministero della Giu­stizia di inviare subito un’ispezio­ne nei suoi uffici.

Certo è curioso che nella prima commissione del Csm chiamata a decidere sulla lentezza (sei mesi) di Laudati (l’audizione del procu­ratore è stata fissata per il prossi­mo 22 settembre, tre giorni dopo quella del suo accusatore Scelsi, il 19 settembre) nel chiudere l’in­chiesta su Tarantini sieda il pm Ro­berto Rossi che nel 2003 ereditò una vecchissima inchiesta su Ta­rantini (risalente al 2001) dell’ex pm Emiliano (quello che nell’apri­le del 2008 va alla cena del Pd con D’Alema e Tarantini al ristorante La Pignatta e si dimentica di dire a tutti gli ospiti chi era quel particola­re commensale seduto al tavolo). Emiliano indagò e intercettò due anni l’allora carneade Tarantini vi­cino, molto vicino, al centrosini­stra e in particolar modo alla filie­ra barese dalemiana per il tramite dell’imprenditore Intini e del ma­nager De Santis. Quando si candi­dò a sindaco, Emiliano passò la palla al pm Rossi il quale indagò da par suo fino al 2004. Dopodiché, di quell’inchiesta sui vertici delle Asl indagati per l’acquisto delle prote­si tarantiniane, non se ne è saputo più nulla. Per cinque lunghissimi anni. Coincidenza vuole che a lu­glio 2009, giusto un mese dopo le dichiarazioni della D’Addario, l’inchiesta su Tarantini (oltre 5mi­la intercettazioni) riveda misterio­samente la luce deflagrando sui giornali con le prime intercettazio­ni risalenti a otto anni prima. Risul­tato: si è giunti a un processo mon­co, con solo 6 imputati rispetto ai 26 indagati, con molti dei reati ov­viamente caduti in prescrizione.

Come mai l’irriducibile pm Rossi (corrente di sinistra, Movimento per la giustizia), che ieri al Csm avrebbe fatto il diavolo a quattro su Laudati,non inviò nel 2004 l’av­viso di conclusione delle indagi­ni? Perché oggi c’è la corsa a mette­re in croce il poco simpatico Lau­dati per sei mesi di ritardo e nessu­no dice nulla sul perché sette anni fa non si è impedito a Tarantini e al suo “sistema”trasversale,nemme­no con una timida fuga di notizie (abituale ai tempi) di fare quei dan­ni che poi le indagini sulla sanità dei pm Scelsi e Digeronimo hanno evidenziato? Perché il presunto ri­tardo di sei mesi di Laudati su Ta­rantini è più grave di quello accla­rato di Rossi su Gianpi in cinque anni? Non sarà perché c’è di mez­zo Berlusconi?

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