Terzigno, l’altra Pianura «Qui nessuna discarica»

Nel paese individuato dal piano di smaltimento ci si prepara a uno scontro frontale contro l’apertura

nostro inviato a Terzigno (Napoli)
«Benvenuti a Terzigno, comune d'Europa». Piove sul cartello all'ingresso del paese, ma l'acqua non raffredda gli animi. Qui, alle pendici del vulcano, nel cuore del Parco nazionale del Vesuvio, ci si prepara all'eruzione sociale. Se i siti per lo stoccaggio delle ecoballe dovessero essere confermati, i 17mila abitanti di Terzigno si ritroveranno una discarica in una vecchia cava. A Pianura la riapertura è arrivata a sorpresa, e non l'hanno presa bene.
A Terzigno si sa da maggio, ma il malcontento è lo stesso. Unanime. Accomuna cittadini, giunta e consiglio comunale. I residenti del comitato rimproverano ai propri amministratori di non aver ricorso al Tar contro il decreto dell'ex commissario Bertolaso. Promettendo una resistenza «passiva ma fortissima» se qualcuno proverà a gettare anche un solo sacchetto in quella fossa.
Il sindaco, Domenico Auricchio, eletto in una lista che «anticipava» il nome del Pdl, cerca un punto di equilibrio. «È prematuro parlare: non ci è stato notificato nulla a proposito della paventata riapertura, sappiano solo che Terzigno è stata individuata come possibile sede. Ma da sindaco dico che questo territorio è già stato abbastanza martoriato. Se vogliono darci qualche quintale di rifiuti è un conto, se pensano di trasformarci nella pattumiera della Campania, mi batterò come un leone per impedirlo».
«Siamo molto delusi», borbotta il presidente del consiglio comunale, Piero Apuzzo di Forza Italia: «Qui le tutele del parco sembrano valere solo quando ci penalizzano. Non si possono tagliare alberi, non si possono raccogliere i funghi, ma possiamo seppellirci l'immondizia di 92 comuni? Non ci siamo». Critico anche il consigliere del Pd Giuseppe De Simone. «Quella discarica - sospira - era stata sequestrata perché ci avevano messo rifiuti non trattati, tossici. Ora vogliono riaprirla: c'è qualcosa che non torna. Poi pochi mesi fa il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio ci ha giurato che non lo avrebbe permesso. Manterrà la parola?».
Sui «peccati» del passato si focalizzano le critiche degli abitanti di Terzigno. «Qui hanno buttato di tutto, veleni sepolti sotto le nostre terre, arrivati dalle regioni che ora non vogliono aiutarci», dice Don Vito, da 36 anni parroco all'Immacolata Concezione. Sfoglia il libro dei defunti. «Negli ultimi anni c'è una costante crescita dei decessi, effetto della gestione scellerata di questo lungo periodo. La colpa è dei nostri rappresentanti: Bassolino ha fatto precipitare le cose».
La fine del feeling con il governatore è condivisa anche dal tabaccaio Gerardo: «Ci meritiamo tutto: abbiamo premiato Bassolino, ecco i risultati, le ecoballe nel parco». Lella Parisi, commerciante, rilancia l'inquietante ipotesi di Don Vito. «Ho perso mio padre di tumore. C'è una crescita abnorme di angiomi e leucemie. Ma qui in tanti con la storia dei rifiuti ci hanno guadagnato, non sono ottimista su come andrà a finire». Che Terzigno sia «avvelenata» lo giura Pietro Avino, anima del comitato popolare. Su decessi sospetti, anomalie neonatali, malattie dall'incidenza troppo elevata ha presentato un dossier all'Arpac, l'agenzia ambientale della Campania, ma la risposta si fa attendere. «Accanto alla cava ci sono i vigneti del Lacryma Christi e una piccola azienda biologica, è tutto normale? In un altro sito, la cava Ranieri, hanno ritrovato sei ville romane e invece di valorizzarle le hanno seppellite di immondizia.

Ci hanno promesso la bonifica, c'è pure un commissario ad hoc, ma non hanno mai fatto nulla e anzi vogliono riaprire la discarica. È inaccettabile. Il parco del Vesuvio deve essere fonte di ricchezza, non trionfo di munnezza».

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