nostro inviato a Verona
Camillo Ruini sorride, ha i lineamenti distesi mentre pronuncia il suo discorso conclusivo, avendo alle spalle la brutta gigantografia di un Cristo stilizzato e grigio, senza braccia e senza volto, che ha fatto da scenografia al 4° convegno della Chiesa italiana. Il cardinale rivendica due risultati positivi dellultimo decennio: la maggiore unità e la fine di molte polemiche che avevano diviso in passato le varie «anime» della Chiesa italiana, un maggiore ruolo e una maggiore visibilità della stessa Chiesa e dei cattolici. Un terzo obiettivo, a lungo mancato, sembra più vicino dopo lesperienza del referendum sulla fecondazione artificiale: il lavoro comune sui temi «non negoziabili» da parte dei politici cattolici presenti nei diversi schieramenti.
È questo, a detta di molti, lultimo grande discorso del presidente uscente della Cei. Ma le cose stanno davvero così? Si sa che Ruini aveva deciso di far celebrare il convegno ora, e non nellottobre scorso, proprio perché voleva che fosse il suo successore a guidarlo. Il fatto che in gennaio la Segreteria di Stato abbia promosso un sondaggio tra i vescovi italiani per chiedere indicazioni sulla successione lasciava pensare che la nomina fosse vicina, anche se le modalità della consultazione, evidentemente non conosciute dal Papa, hanno affrettato una conferma di Ruini «fino a che non si provveda altrimenti». Quell«altrimenti» poteva avvenire alla fine di questanno, ma tutto ora lascia pensare che Benedetto XVI attenda di incontrare i vescovi italiani in visita «ad limina», da novembre a marzo, per sentire direttamente da loro qualche indicazioni. Così, il cardinale presidente, dovrebbe rimanere in carica fino a maggio dellanno prossimo.
Cè però chi si augura che il mandato duri anche di più: ieri mattina, dai microfoni di Radio Maria, il suo inconfondibile «animatore», padre Livio Fanzaga, ha auspicato che Ruini vada avanti per altri cinque anni.
Il dopo-Ruini sarà dunque di Ruini? A questa domanda si può rispondere di sì.
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